Cuore allegro è l’esordio poetico di Viola Lo Moro (Giulio Perrone editore, pp. 79, euro 15, prefazione di Elvira Seminara). È però anche una promessa da mantenere, nel commiato pronunciato anni prima al capezzale di una persona morente e cara. Nel sussulto di allegrezza sta tutta la mescolanza, di anatomia e sentimenti, che nella sua circolazione rammenta quella di un organo tra i più nobili ma anche imperdonabili. Non è sede dell’emotività femminile, se è con questo che può venir scambiato lo spasmo e l’irrequietezza che vi albergano, è piuttosto fuoco centrale del sentire – almeno da Maria Zambrano in poi. Sul suo punto di cavità e sutura lavora dunque Lo Moro, fra le stanze non divisive ma pulsanti, al dritto e al rovescio.

INCONTRIAMO allora molti scenari, sono battaglie dell’attaccamento al mondo, visibile e invisibile, in cui c’è la politica delle relazioni, le figure genitoriali, il dolore muto di uno strappo che si trasforma, il transitare tra gli affetti e la loro ingratitudine con punte di ironia. Ciò poiché Cuore allegro è un percorso di radure profonde con ristori ariosi, leggeri a un farsi del linguaggio e dei suoi giochi.
C’è un corpo di donna «dimezzato d’anima» e agitazioni spettrali, questa donna – sappiamo – ama le liste, gli inventari incompiuti, consapevole che «chi resiste alla gravità può forse tentare / di sopravvivere». Sorveglia, quel corpo, se stesso come la clavicola che si fa lago dell’amante, nel sonno di una resa. Così se la notte non è tenera bensì messaggera di spilli, bisogna fare i conti con una frattura inconsolabile, una «complicanza» d’amore che confonde se stesse con l’altra (o l’altro) da noi. Il ricordo di «entrare a mani piene / nella tua bocca spalancata» è la richiesta poco più avanti di leccare delle dita, piano e una per volta.

FA SOFFRIRE ANCORA, il cuore, ché «non si accorda / si dissona nel crepuscolo». E appassisce, anche, quando si accorge che «i petali sono sintomo tangibile / della sostanza crudele delle cose; / si sopravvive da sole / si fiorisce in due / dalla fioritura una deve soccombere». In questa ricerca poetica, innervata di piccoli segni di lettrice rosselliana, si osservano i fiori – anche se non arrivano in dono e neppure si dilatano, c’è però una gioia interna nel loro comparire – fino a immaginare lo spazio delle coincidenze, gli elefanti ottusi che vi gravitano diventano tuttavia per Viola Lo Moro tirannosauri stranianti di stupefatta bambina. In questo viaggio breve, il primo e come tale da sostenere con fiducia, Cuore allegro può contare sull’ottima e accurata introduzione di Elvira Seminara. Chiudendo il libro si ha la sensazione di aver camminato molto e con agio, sotto un sole tiepido e generoso in compagnia di un’amica sincera, intelligente, che ti racconta di cose care e splendenti.