Riconducibile alla coincidentia oppositorum, la vita professionale di Giuseppe Sinopoli era partita dagli studi di medicina, con una specifica passione per la psichiatria e per tutto ciò che riguarda la mente, per approdare infine alla musica. A prima vista, una carriera all’insegna dell’impalpabile: almeno fino all’incontro con le scienze dell’antichità, vale a dire fino a che la pietra, nella forma e nella consistenza materica delle sculture, dei vasi e delle costruzioni precristiane, non polarizzò i suoi interessi. La pietra era, del resto per Sinopoli, precisissima espressione della memoria. E il definitivo approdo all’archeologia non era vissuto come contemplazione nostalgica di vestigia arcaiche, bensì come processo cognitivo finalizzato alla riscoperta delle stratificazioni culturali che ci hanno fatti quelli che siamo.

Ogni attività di Sinopoli convergeva sulla ricerca dell’archetipo, e sia il suo lavoro che i suoi studi rivelano una solidissima coerenza anche da altre prospettive. L’amico Egmont Feuerabendt ha ricordato come la collezione di Sinopoli dei reperti micenei o italici non fosse suggellata da una gelosa custodia. La sua casa-museo, chiamata aristaios, poteva essere idealmente concepita come una sala da concerto aperta agli amici, dove a cantare erano gli oggetti. È raro trovare nella storia della musica figure poliedriche come Sinopoli, fatta eccezione per George Grove che, ingegnere, biblista, lessicografo e critico musicale, aveva coltivato, anche lui, l’archeologia.

Della versatilità di Sinopoli raccontano Il canto dell’anima Vita e passioni di Giuseppe Sinopoli, a cura di Gastón Fournier-Facio (il Saggiatore, pp. 695, € 52,00) e Gli dèi sono lontani Giuseppe Sinopoli: una biografia di Ulrike Kienzle (Accademia Nazionale di Santa Cecilia, pp. 649, € 40,00), traduzione italiana di un volume edito in Germania nel 2011, per il decennale della morte.

L’autrice ci racconta con minuziosità il volto più privato di Sinopoli a lato dell’evoluzione artistica. Fra le pagine più illuminanti, quelle dedicate all’accurata cronaca dell’incontro del compositore con la Neue Musik, e lo strappo definitivo dalle «clownerie tristissime» di Darmastadt, nonché il suo progressivo allontanamento dalla composizione. Ma dove cerca di descrivere al lettore di lingua tedesca il panorama socio-culturale italiano, relativamente a Venezia e alla Sicilia in quanto luoghi di discendenza e appartenenza, Kienzle si arena nei più triti stereotipi, deragliando anche in digressioni che forzano senza ragione lo statuto del genere biografico.

Di tutt’altra struttura è il volume curato da Gastón Fournier-Facio. Suddiviso per temi e articolato da contributi di autori illustri come Antonio Rostagno e Luciano Berio, il libro ha il pregio di raccogliere una serie di scritti musicali dello stesso Sinopoli.

Sono saggi (fra gli altri sul Parsifal di Wagner e sulla Donna senz’ombra di Strauss) che traducono in termini suggestivamente narrativi la lettura musicale del direttore d’orchestra. In coda a preziose interviste rilasciate a Giangiorgio Satragni e a Carmelo Di Gennaro, il libro offre un catalogo completo delle composizioni, della discografia e della videografia di Sinopoli.