Qualcuno lo chiama il cancro dei cambiamenti climatici. Lento e silente. Si chiama siccità. E non è come un’inondazione o una frana, gli effetti non sono immediatamente visibili, ma si osservano a distanza di mesi. Lo hanno segnalato anche gli scienziati dell’Ipcc, l’organismo delle Nazioni Unite che si occupa di global warming, nel loro recentissimo rapporto sul clima. E questo inverno secco e mite sta gravando soprattutto sulla Pianura padana e sulla catena alpina, in particolare la zona Ovest: Piemonte e Lombardia.

A TORINO NON SI VERIFICANO precipitazioni significative da tre mesi (l’ultima l’8 dicembre) e nel fiume Po sono emerse isole di terra. A guardarlo sembra agosto. Se Mario Soldati, autore dello splendido Viaggio nella Valle del Po (1957), lo ripercorresse troverebbe un paesaggio completamente modificato. Gli indicatori sono allarmanti: in chiusura di bacino, a Pontelagoscuro (Ferrara), manca il 40% dell’acqua che dovrebbe esserci in questo periodo. I campi agricoli sparsi nella ricca piana sono aridi. D’altronde, le disponibilità idriche degli affluenti, rispetto alla media storica, sono in deficit: nella Sesia, che scende dalla Valsesia (dove per 13 comuni sono state emesse ordinanze di razionamento dell’acqua) e percorre la provincia di Vercelli per sfociare in quella di Alessandria, a due passi dal Pavese, sarebbero del – 79%; nel Brembo, che sfocia nell’Adda (a sud di Bergamo), -78%. Il lago di Ceresole (Alto Canavese, sotto il Gran Paradiso), un bacino artificiale a 1.500 metri di altitudine in grado di contenere 35 milioni di metri cubi di acqua che in inverno in genere si ghiaccia in superficie, è ora un deserto. Un habitat lunare.

E, PROPRIO DALLO SPAZIO, ARRIVANO le osservazioni più puntuali sullo stato di salute del nostro pianeta. Luca Brocca coordina il gruppo di ricerca di idrologia del Cnr e con il suo team ha sviluppato, alcuni anni fa, una tecnica innovativa per misurare le precipitazioni al suolo via satellite. Monitorano le varie componenti del ciclo dell’acqua: pioggia, neve, umidità del suolo e anche portata dei fiumi. Tutto ciò grazie ai sensori satellitari. E collaborano con la protezione civile per prevenire i rischi legati agli eventi climatici estremi.

«NEGLI ULTIMI 4 O 5 MESI LE PRECIPITAZIONI in Italia sono inferiori alla media, la situazione più grave è nel Nord-Ovest del Paese, Piemonte e Lombardia, con una riduzione delle precipitazioni, sia pioggia che neve, dall’inizio dell’anno idrogeologico (settembre-ottobre) a oggi del 60-70% rispetto alla media. Si sbaglia, però, se si fa un quadro solo dell’anno specifico, l’anno scorso, per esempio, c’era la neve sulle montagne, bisogna guardare il fenomeno più a lungo termine. Nel Mediterraneo, che, essendo un’area di passaggio tra l’Africa e la zona polare, è considerato un importante hotspot per i cambiamenti climatici, ci si aspetta che le risorse idriche si riducano. Siamo di fronte a una nuova normalità e per questo dobbiamo imparare a gestirla, dobbiamo pianificare gli approvvigionamenti idrici, anche e soprattutto per l’agricoltura. I sistemi previsionali, nonostante l’incertezza, dicono che nel Nord Italia in questo mese di marzo non dovrebbe esserci un’inversione di tendenza».

IL PO CHE SI ASCIUGA NEL SUO LETTO è la punta dell’iceberg del fenomeno. È l’aspetto più visibile. Risalendone il corso e arrivando quasi alla sorgente sul Monviso, a Ostana (Cuneo), nella frazione Sant’Antonio dove si trova il centro culturale Lou Pourtoun (il portone in occitano), ha sede il Centro per lo studio dei fiumi alpini Alpstream. Stefano Fenoglio, docente di ecologia fluviale all’Università di Torino, è uno dei fondatori. «La situazione che vediamo – racconta – è desolante, il Po non nasce dalla sua sorgente usuale ma un po’ più a valle. La neve non c’è e mancando, essendo una fondamentale risorsa idrica, significa non avere le riserve necessarie d’acqua per l’estate. Anche se dovesse piovere tanto a maggio, le risorse non saranno le stesse. Il Piemonte e le Alpi sono una riserva d’acqua importante per l’Italia e non solo. Quello che si sta concludendo è l’inverno più caldo degli ultimi sessant’anni e il terzo più secco. Abbiamo registrato un’anomalia termica di un grado in più a dicembre e a gennaio abbiamo sfiorato i 2 gradi in più, aggiungiamoci a questo la siccità degli ultimi tre mesi e non possiamo che registrare un impatto sui fiumi devastante. Oltre ai danni per l’agricoltura c’è una conseguenza ben poco considerata ed è quella relativa alla depurazione dei nostri reflui, uno dei vari servizi ecosistemici che il fiume ci offre, ora in pericolo». Quando lo intervistiamo, Fenoglio sta per partire alla volta della Val Pellice, poco più a Nord, dove il torrente Pellice è in secca con un deficit della portata del 70%. «Il fiume ci aiuta a depurare gli scarichi ma se ha il 70% in meno di acqua non ce la fa, con un potenziale aumento di microrganismi patogeni. I fiumi si riempiono così di salmonelle». Fenoglio sta studiando sul campo le ripercussioni dei cambiamenti climatici sulla qualità dell’acqua. «Con la Scuola di dottorato sulla sostenibilità Sustnet dell’Ateneo torinese ne stiamo analizzando l’alterazione e l’impatto. Cosa significa avere meno acqua nei fiumi e perché bisogna lasciarne di più migliorando la nostra rete di distribuzione, sia per l’acqua potabile che irrigua. Dobbiamo cercare soluzioni meno idroesigenti, sistemi di irrigazione funzionali e colture adattate al clima che avremo. Il trend che registriamo da 8 anni è questo. Usiamo meglio e meno acqua per provare a contrastare il disastro nei confronti di biodiversità e dei servizi ecosistemici».

LA SICCITA’ E’ DIVENTATA LA CALAMITA’ più rilevante per l’agricoltura italiana, denuncia Coldiretti. Con un danno stimati in media in un miliardo di euro all’anno soprattutto per le quantità e la qualità dei raccolti. «Al Nord – sottolinea l’associazione – il fiume Po in secca è sceso a -3,07 metri al Ponte della Becca (Pavia), più basso che a Ferragosto ed è rappresentativo della situazione di sofferenza in cui versano tutti i principali corsi d’acqua al Nord, ma anomalie si vedono anche nei grandi laghi che hanno percentuali di riempimento che vanno dal 10% di quello di Como al 29% del Maggiore. Nella Pianura padana le coltivazioni seminate in autunno come orzo, frumento e loietto iniziano ora la fase di accrescimento che rischia di essere compromessa dalla siccità. Ma a preoccupare è anche lo sviluppo dei prati destinati all’alimentazione degli animali, gli agricoltori saranno costretti a intervenire con irrigazioni di soccorso. Dall’altra parte nei prossimi giorni partiranno le lavorazioni per la semina del mais, ma con i terreni aridi e duri le operazioni potrebbero essere più che problematiche». Si guarda il cielo, per un po’ di pace.