La noia, a volte, arriva sotto forma di normalità, ossessiva e ripetuta ciclicamente. Quando niente è più magico, quando il papà che prima sembrava una montagna rimpicciolisce, quando scompare per sempre il topolino dei denti, portandosi via anche la moneta d’oro che lasciava sotto al cuscino. Infine, quando il maestro che non lavava mai i vestiti, si cambia i pantaloni. È in quel preciso istante che finisce l’incanto dell’infanzia e si perde qualcosa che non tornerà mai più.
A descrivere quel rito di passaggio verso l’adolescenza, così malinconico e intriso di uggiose giornate in cui tutto scorre uguale, senza sussulti, è il francese di Brest Vincent Cuvellier nel libro Il grande cane rosso (Biancoenero edizioni, pp. 43, euro 8, illustrazioni di Chiara Lanzieri). A interrompere la monotonia e l’anonimato di una esistenza senza più fate né madri odorose di cioccolata, miele e fiori, arriva però, come in sogno, un chow chow rosso e pelosissimo che regala a Beniamino la sua gomma cancella-errori e con quella, gli fa scrivere il miglior tema – per originalità e ortografia – della sua classe.