Il premier ucraino Yatseniuk ha effettuato la sua visita romana, incontrando il primo ministro italiano Matteo Renzi e Papa Francesco.

L’attenzione mediatica internazionale è andata soprattutto all’incontro con quest’ultimo che ha donato al giovane premier di Majdan una penna, sperando sia quella con cui firmerà la pace. Yatseniuk ha approfittato di questa vetrina mondiale per ricordare i morti della battaglia di Majdan (sulle cui cause sono ancora da appurare le responsabilità, a dire il vero, come richiesto anche dall’Unione europea), in uno dei momenti di maggior tensione della crisi ucraina, con l’offensiva ad est in corso e il rapimento dei membri dell’Osce che sembra aver spinto il G7 alle sanzioni contro la Russia. Yatseniuk, come fa da molto tempo a questa parte, si è quindi riferito a tutto l’Occidente, di cui si sente parte (ma quanto questo sentimento sia presente nelle regioni orientali del paese è piuttosto noto): «L’Occidente e la comunità internazionale faranno di tutto per preservare la stabilità», ha detto ai giornalisti che gli hanno chiesto se si sarebbe atteso un sostegno militare occidentale in risposta a quanto sta accadendo nel suo paese a causa delle azioni dei separatisti filorussi e dell’atteggiamento di Mosca.

Parlando sul sagrato della chiesa greco-cattolica di Santa Sofia, alla periferia della Capitale, dove ha incontrato esponenti della comunità ucraina e le autorità religiose ucraine presenti a Roma (protagoniste anche di Majdan, in Ucraina), Yatsenyuk ha affermato che la Russia vuole «spaccare» l’unità dei Paesi membri dell’Unione europea. Ma, ha aggiunto il premier ad interim, «credo che Ue, Usa e la comunità internazionale agiranno uniti».

«La Russia ci provoca costantemente», ha accusato Yatseniuk. Mosca, ha proseguito il premier ucraino, «non capisce che l’Ucraina è una nazione indipendente». Il risultato dell’atteggiamento russo sarà quello dell’«l’isolamento». «Chiediamo alla Russia di rispettare i suoi obblighi internazionali», ha specificato. Nessuna domanda sul supporto Nato e Usa in casa, ovvero a Kiev durante i giorni che gli hanno consentito di arrivare a Roma come premier di un governo acclamato dalla piazza vincitrice sull’ex presidente Yanukovich.