Calcio e carcere fanno parte dello stesso campo sociale. In tutte le carceri si gioca a pallone e si guarda il calcio in televisione. Il film Fuga per la vittoria con Pelè protagonista è una visualizzazione della sovrapposizione del campo di prigionia con il campo di calcio. Il calcio salva l’anima e a volte salva anche i corpi.

«Senza il calcio sarei morto o sarei in carcere», dice Carlos Tevez, centravanti juventino, alla rivista argentina La Garganta Poderosa, che prende il nome dalla mitica motocicletta del Che e di Alberto Granados. Carlos Tevez, insieme a Messi, Palacio e Higuain, è una delle punte dell’attacco stellare argentino.

La giustizia penale non è estranea alla sua vita. L’anno scorso è stato condannato a 250 ore di lavori socialmente utili, più o meno come quelle di Berlusconi, per guida senza patente.

Di calciatori ed ex calciatori, più o meno noti, finiti dietro le sbarre ce ne sono tantissimi in giro per il mondo: difensori, centrocampisti, attaccanti; innocenti o colpevoli, finiti dentro per droga, rapine, guida spericolata, omicidio; prigionieri comuni ma anche politici. Il primo sguardo è rivolto a chi in campo ha il ruolo più ingrato. Nella nostra internazionale «palla al piede» di portieri, come in tutte le convocazioni che si rispettano, ce ne sono tre, due dei quali carioca. Questi ultimi dovranno soggiornare, nelle non proprio raccomandabili carceri brasiliane, per svariati anni. Loro sono solo due dei 570 mila detenuti costretti a spartirsi i 357 mila posti letto disponibili in Brasile, nazione che ha un tasso di affollamento penitenziario finanche superiore a quello italiano.

Il numero uno è Bruno Fernandes das Dores de Souza, portiere e capitano del Flamengo fino al 2010. Nel marzo 2013 finisce in prigione, condannato a 22 anni, per avere ammazzato la fidanzata e averne dato il corpo in pasto ai cani. Ma il calcio supera le barriere, anche quelle fatte da sbarre di ferro. Così dopo solo un anno di galera gli è stato concesso il permesso di uscire un giorno a settimana per giocare con il Montes Claros, nella serie cadetta brasiliana. Anche il secondo portiere è brasiliano. Si tratta di Edinho (nella foto), figlio di Pelè al quale ha sicuramente rovinato la festa mundial. Lui che negli anni novanta giocava in porta nel Santos, pochi giorni fa è stato condannato a scontare ben 33 anni di galera per traffico di droga e riciclaggio. Il terzo portiere è José René Higuita Zapata, soprannominato El loco, colombiano, famoso per la parata con la Mossa dello Scorpione nonché per le sue scorribande fino all’aria avversaria. Scorribande che non sempre gli andavano bene. Nel mondiale del 1990 Roger Milla, il camerunense che segnò l’1 a 1 contro l’Italia, gli rubò il pallone a metà campo mentre El loco tentava un dribbling goffo, e andò a segnare facilmente. Nel 1993 finisce in carcere con l’accusa di sequestro di persona.

Il quarto portiere non convocato è Mario Cassano. Giocatore del Piacenza finito in carcere nel febbraio del 2012 per calcio scommesse. Ma anche chi scrive, come Prandelli, ha un codice etico, per cui tutto è lecito, ma barare nel calcio non è ammesso!