52nd Street di Billy Joel, Wish You Were Here dei Pink Floyd, Guilty di Barbra Streisand, Bridge Over Troubled Water di Simon & Garfunkel, ma anche Born To Run di Bruce Springsteen e altri ancora, sono alcuni dei cinquanta album lanciati sul mercato giapponese il primo ottobre del 1982, quarant’anni fa domani, in formato Compact disc. Se il Walkman, introdotto sul mercato giapponese nel 1979 dalla Sony, ha radicalmente cambiato il modo in cui ascoltiamo la musica e non solo, basti pensare al consumo odierno e giornaliero di podcast fatto da milioni di persone attraverso lo smartphone, il Cd ha rappresentato un’ulteriore evoluzione dell’atto del fruire e acquistare musica.

Il primo ottobre non rappresenta solo la nascita del Cd sviluppato insieme da Sony e Philips fin dalla fine degli anni settanta, ma anche quella del Cdp-101, il primo lettore cd lanciato sul mercato dell’arcipelago, ora conservato, come importante passaggio tecnologico, anche al Museo nazionale della scienza e della tecnologia Leonardo da Vinci a Milano.
Prima dell’avvento del Compact disc, il mercato musicale era dominato da dischi in vinile e audiocassette, a conquistare così le masse così non fu solo la novità del mezzo e della tecnologia in sé, ma anche la durata dell’audio digitale e il fatto che veniva venduto e presentato come un supporto dove erano assenti, o perlomeno minimi, l’usura del disco e i rumori indesiderati.
In un mercato, quello discografico mondiale, che negli ultimi decenni si è trasformato in maniera macroscopica ed è passato dai supporti fisici alla musica scaricabile prima, e ora più che mai alla fruizione in streaming, il Giappone rappresenta un caso dove le dinamiche si sono sviluppate in modo leggermente diverso. Se è vero che a livello globale già da molto tempo si sono riscoperte le qualità soniche e quasi tattili del vinile, contro il suono «freddo» del digitale, a cui va aggiunta una certa propensione per il collezionismo, in un’epoca dove film e musica sono sempre più immateriali, in Giappone la passione per il supporto fisico rimane ancora molto radicata. Questo almeno si evince da alcuni dati sul consumo di musica da parte della popolazione dell’arcipelago resi noti recentemente. Paragonando le vendite durante il 2021 nei cinque più grandi mercati della musica, rispettivamente Stati Uniti, Giappone, Gran Bretagna, Germania e Francia, si nota che, mentre le vendite di musica attraverso streaming o download nei tre paesi europei e in America si attestano fra il 70 ed il 90%, nel Sol Levante questa percentuale è di circa il 40 percento, con il restane 60% occupato da supporti fisici, vinile certo, ma soprattutto Cd.

La vendita e persino il noleggio di Compact disc musicali è così ancora abbastanza forte in Giappone, del resto è il risultato di un trend che fin dall’inizio del decennio scorso, periodo durante il quale il download di musica e, in seconda battuta, lo streaming cominciavano a diventare importanti fattori nel resto del mondo, ha visto il supporto fisico continuare a essere in cima alle preferenze di chi compra musica. Le ragioni sono come sempre multiple, forse una certa tendenza al collezionismo potrebbe essere una spiegazione, o il fatto che una grande fetta delle vendite è occupata da gruppi di idol, che di solito hanno un fanbase molto agguerrito che compra lo stesso disco della band preferita anche più di una volta. Un’altra ragione forse è rintracciabile nel fatto che molto spesso legato all’acquisto di Cd ci sono dei materiali extra come poster, biglietti di concerti, foto o libri.

matteo.boscarol@gmail.com