Il referendum di venerdì ha abrogato l’ottavo emendamento della Costituzione irlandese che, equiparando il diritto alla vita del feto a quello della madre, impedisce l’aborto pressoché in ogni situazione se non quando la madre sia in pericolo di vita. Benché l’aborto fosse già illegale in Irlanda, la «blindatura» costituzionale del divieto all’aborto fu introdotta nel 1983 tramite un referendum promosso da una serie di organizzazioni cattoliche conservatrici. Nel 1992 un referendum introdusse un ulteriore emendamento che permetteva alle donne di ottenere legalmente un’interruzione di gravidanza all’estero. Nel 2013, sull’onda della campagna scaturita dalla morte di Savita Halappanavar, il governo introdusse il Protection of Life During Pregnancy Act 2013, che permette l’aborto solo nel caso in cui la donne sia in pericolo di vita, compreso in caso di rischio di suicidio. Nei 3 anni successivi all’introduzione sono stati compiuti solo 77 aborti in Irlanda, di cui 7 per possibile suicidio.

Dopo il risultato di ieri, l’ottavo emendamento sarà sostituito in Costituzione da un testo che prevede che sia il parlamento a legiferare sulla questione. Prima del referendum, il governo si è impegnato a proporre una legge che permetta l’aborto senza condizione fino a 12 settimane dal concepimento, con deroghe ulteriori in caso di malformazioni fatali del feto o rischi per la salute della madre. Il testo dovrebbe essere presentato in estate, di modo che il parlamento lo voti entro l’autunno e, vista la netta affermazione del Sì, è probabile che venga approvato. Un tema fondamentale è quello dell’obiezione di coscienza per medici, infermiere e ostetriche. Già prevista dalla legge del 2013, verrà inserita anche nella nuova legislazione, con il rischio di creare problemi reali di accesso al diritto all’aborto come nel caso italiano.