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La parabola discendente di Yahoo continua inesorabile. Annunciati i licenziamenti di 1700 dipendenti – stime parlano di altrettanti «esuberi» nell’indotto legato alla società californiana – e ridimensionamento della presenza al di fuori degli Stati Uniti con la chiusura degli uffici di rappresentanza di Madrid, Milano, Dubai, Città del Messico e Buenos Aires. L’amministratore delegato, Marissa Mayer, preferisce però parlare di una necessaria ristrutturazione globale per continuare ad essere competitive nei settori dei motori di ricerca, delle mail e nei servizi personalizzati di informazione economica, sportiva, etc. Una dichiarazione che non ha certo placato i rumors sulla possibile vendita del core business di Yahoo, cioè il motore di ricerca che continua a funzionare come macchina acchiappa pubblicità e quindi soldi.

I licenziati sono stati individuati in tutti gli asset della società statunitense, ma i più penalizzati sono il settore ricerca e sviluppo – a suo tempo un fiore all’occhiello – e i produttori di codice informatico.

I guai di Yahoo hanno radici vicine nel tempo, ma lontane per quanto riguarda le dinamiche del web 2.0. Diventato un motore di ricerca di tutto rispetto e un fornitore di servizi gratuiti di posta elettronica, Yahoo è stata, nell’alba del nuovo millennio, un gigante della rete. Fondata da ue giovani ricercatori della Stanford University, David Filo e Jerry Yang, ha tallonato da vicino Google per alcuni anni, senza mai nascondere l’ambizione di spodestarlo dal podio. La leva doveva essere il motore di ricerca, ma anche le decine di milioni di utenti che usavano il suo servizio di mail, una base di dati fondamentale per attirare pubblicità. Ma tra i due litiganti si è aggiunto anche il colosso di Microsoft, che in breve tempo ha scalzato Yahoo dal secondo posto e cominciato a far filtrare voci sull’intenzione di acquistare il pacchetto di maggioranza delle azioni Yahoo.

Microrsoft ha però incontrato sulla sua strada Jerry Yang. Giovane di origine asiatiche, multimiliardario, forte delle buone quotazioni in borsa e dei legami di amicizia con alcuni, importanti, venture capitalist, nel 2008 ha respinto sdegnato l’offerta di acquisto (44,6 miliardi di dollari) da parte proprio di Microsoft.

Jerry Yang ha certo vinto la sua battaglia contro Microsoft, ma quella battaglia è stata il suo canto del cigno. Così, quando le azioni di Yahoo hanno perso metà del loro valore in pochi mesi è stato messo alla porta dal Consiglio di Amministrazione, che ha chiamato Marissa Mayer, informatica di ottimo livello, prima ingegnere donna assunta da Google e ritenuta una figura centrale nello sviluppo proprio della società di Larry Page e Sergej Brin.

La nuova arrivata però non ha fermato il declino, dovuto tuttavia a un mutato panorama della Rete, che considera ormai una banalità i servizi gratuiti di e-mail o quelli di informazioni generaliste. Nella produzione di contenuti e nella capacità di sviluppare applicazioni che creano «community» e fidealizzazione, Yahoo ha infatti ben poco da offrire. E i profitti hanno continuato a diminuire, così come il valore delle azioni. Da qui il ridimensionamento. E la cacciata di centinaia, se non migliaia di knowledge workers, loro sì il vero punto di forza di casa Yahoo.