Biologica dal 1985, quella della cantina Perlage a Farra di Soligo (Treviso) è stata una scelta etica, come racconta con tono pacato Ivo Nardi, presidente dell’azienda. «Volevamo tutelare acqua, suolo e aria», dice. Per l’azienda è stata una continua sperimentazione: «Si cominciava a parlare di agroecologia e di alternative alle molecole di sintesi». «Eravamo giovani cocciuti e abbiamo anche messo a rischio le produzioni», racconta Ivo Nardi specificando come, i primi tempi, si usassero infusi di erbe per cercare di evitare il rame. Dopo aver frequentato l’università di agraria a Firenze, Ivo Nardi ha riportato le idee nell’azienda di famiglia: «Qui in Veneto si parlava di fabbriche, mentre in Toscana il mondo agricolo era ancora molto legato alla conservazione e alla bellezza».
Oggi la cantina, un ampio edificio, è circondata da 15 ettari di vigneto. Ci si arriva percorrendo una strada di campagna, appena fuori dal centro abitato. Nata come piccola azienda, oggi lavora uva coltivata su 110 ettari, comprandola da altri viticoltori. L’azienda, inizialmente a vocazione mista, zootecnica e agricola, alla fine degli anni ’70 ha cominciato a produrre solo vino. Oggi la produzione si concentra sul prosecco (al 70%), della Docg di Conegliano Valdobbiadene, ma anche Doc. Dai vini bianchi fermi come il Pinot Grigio e rossi come Cabernet e il Merlot, dal 2004 ai biologici si sono aggiunti anche quelli biodinamici.

Secondo i dati del Sistema d’informazione nazionale sull’agricoltura biologica (Sinab), in Italia si trovano un terzo dei vigneti biologici europei e nel 2016 la superficie vitata bio ha superato i 103 mila ettari. Secondo le ricerche della Fondazione Italiana per la ricerca in Agricoltura Biologica e Biodinamica (Firab) il vino biologico ha visto un incremento nelle vendite: +102% tra il 2014 e il 2015; +64% l’anno successivo; +108% tra il primo semestre 2016 e lo stesso periodo del 2017. In Veneto la vite biologica è cresciuta in questi anni, ma risulta ancora bassa la sua quota percentuale sul totale nazionale. Sulla base dei dati Sinab, infatti, la regione raggiunge solo il 4%. Difficile trovare dei dati complessivi sulla produzione di prosecco biologico. Il Centro Studi di Distretto del Prosecco Superiore (Conegliano Valdobbiadene) in un rapporto del 2017 parla di un incremento del 20% di imbottigliatori e una produzione, nel 2016, di 430 mila bottiglie. Per quanto riguarda le produzioni biologiche, biodinamiche e quelle che seguono protocolli di sostenibilità, si tratta ancora di una nicchia: il 3%. Sono, invece, il 13% del totale le aziende che seguono i principi della lotta integrata.

La difficoltà maggiore per chi produce prosecco bio è la dipendenza dal meteo per i trattamenti di copertura delle viti. Chi utilizza la chimica di sintesi può definire a priori un calendario dei trattamenti, che possono arrivare fino a quindici. «Il periodo più critico per la vite è il mese di maggio, fino alla metà di giugno», spiega Ivo Nardi. «Capitano settimane in cui ci sono piogge intense che lavano la protezione della vite e bisogna tornare in campo», sottolinea. Secondo il presidente di Perlage, la necessità di maggiore attenzione nei trattamenti sta frenando un po’ l’espansione del biologico.

Un altro punto dolente, anche per le grandi aziende bio come Perlage, è quella che Ivo Nardi definisce «una rivoluzione di mercato». Si tratta della comparsa delle linee bio a marchio nelle catene della grande distribuzione: «Il biologico cresce nei supermercati generalisti, noi invece siamo specializzati nei supermercati bio». Secondo Ivo Nardi la sensibilità verso il biologico sta aumentando a livello aziendale, anche nel settore della viticoltura. «La Coldiretti di Treviso ha organizzato un seminario per viticoltori biologici: le adesioni sono state così tante che il corso è stato immediatamente raddoppiato», racconta. Al mercato biologico si orientano anche i giovani che escono dalle scuole vitivinicole di Conegliano: «Siamo ancora una nicchia ma c’è fermento». A spingere verso il biologico sono anche i funzionari della regione Veneto, secondo Ivo Nardi, mentre i consorzi Dogc e Doc puntano su sistemi che certificano la sostenibilità, come Equalitas. Il sogno di Ivo Nardi è vedere realizzato nell’area un Biodistretto, che favorisca l’orientamento al biologico: «Bisogna creare comunità e condividere un progetto comune», auspica.

Il prosecco non è l’unico vino prodotto nella zona. La sfida per i viticoltori biologici e biodinamici della provincia di Treviso è quella di recuperare vitigni autoctoni, che nel tempo sono stati sostituiti dal glera. Questo è il pensiero di Omar Bronca, responsabile per la provincia di Treviso dell’Associazione Veneta dei produttori biologici e biodinamici (Aveprobi). «Dalla bianchetta alla boschera», sono queste le varietà di uva che si stanno perdendo. Esistono diverse esperienze di recupero di antiche varietà, racconta Omar Bronca: «Alessandro Winkler, un piccolo produttore della rete Aveprobi, ha salvato un vitigno di boschera che rischiava di essere convertito a glera».
Per chi non produce uva glera il prezzo dei terreni sta diventando un problema rilevante: «Rischia di perdere le terre che ha in affitto», sottolinea Omar Bronca. Il responsabile di Aveprobi del trevigiano spiega come, in alcuni casi, i proprietari dei terreni alzino i prezzi, vista la crescita della domanda di terra per la coltivazione della vite. «Un nostro produttore si è ritrovato senza terreno perché non poteva più pagarlo», aggiunge.

Proprio nell’area del Prosecco Docg Asolo-Montello nel 2016 è nato Libera Nos in Campo, un progetto per ridare vita a una filiera di cereali antichi. L’iniziativa è frutto della collaborazione tra Aveprobi, il Gruppo di acquisto solidale di Asolo e la locale Condotta Slowfood. Nel progetto sono stati coinvolti 6 produttori che si trovano tra Asolo, il Montello e la pedemontana del Grappa. Gli agricoltori hanno messo a coltura sementi recuperate: grano tenero Verna, adatto al nuovo clima dell’area, e un miscuglio di 160 varietà dell’Istituto Strampelli, che riforniva gli agricoltori del Triveneto. La farina prodotta è diretta al Gas e a diversi ristoratori dell’area. «Si tratta di cereali che hanno una minor produttività a cui viene, però, riconosciuto un prezzo maggiore», spiega Omar Bronca. «L’idea di una filiera di cereali è nata anche per sostenere i produttori della nostra rete», racconta il responsabile trevigiano di Aveprobi. «Possiamo vivere di solo prosecco, o vogliamo coltivare anche altro?» si chiede e auspica una spinta che porti fuori dal binario unico della produzione di glera. L’iniziativa si propone proprio questo: valorizzare colture diverse, sostenendo gli agricoltori locali.