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Il socialismo non può essere relegato nei labirinti delle accademie o espulso dalla vita di tutti i giorni. Le ricerche storiche devono muovere da una fervida passione e riconoscere dignità culturale alla speranza egalitaria. Nell’epoca del supercapitalismo, l’esercito della precarietà continua a domandare giustizia sociale e concrete forme di libertà. Segno che la stagione del socialismo, nella sua ampia accezione, non può tramontare.

Luigi Cortesi e Stefano Merli hanno diretto per quasi dieci anni la «Rivista storica del socialismo», inaugurandola nel ‘58 con un numero monografico dedicato a Filippo Turati e ospitando interventi di spessore sul Risorgimento, sul secondo dopoguerra, sull’evoluzione storica e ideologica dei partiti di massa, sulla politica sindacale e operaia. Il nuovo direttore Paolo Bagnoli, dopo una lunga fase di sospensione, ripropone ai lettori uno strumento di studio che spazierà, con periodicità semestrale, dalla storia all’economia, dalla filosofia alla politica, nell’intento di provare la «straordinaria attualità» del socialismo. Il primo numero della nuova edizione non ha deluso le attese. Andrea Becherucci e Giuliana Nuvoli si sono occupati rispettivamente delle nobili figure di Aldo Capitini e Anna Kuliscioff.

La vita di Capitini è una reazione infaticabile alle esibizioni del «male». Il fascismo lo imprigiona due volte e lui imbraccia l’arma della nonviolenza. Inventa i Cos (Centri di orientamento sociale) per restituire il vero significato alla democrazia: il potere di tutti. Denuncia l’indirizzo moderato imposto dai governi democristiani e il suo rigore morale gli impedisce di aderire ad un qualunque soggetto politico. Respinge compromessi e opportunismi.

Nonostante le amichevoli insistenze di Guido Calogero, rifiuta di appoggiare il Partito d’Azione. Vicino alle istanze comuniste, il profeta umbro rimprovera quel cattolicesimo istituzionale che ignora il messaggio di povertà rinnovato dal giullare di Assisi. Lo storico Becherucci ha rievocato il rapporto epistolare fra Capitini e il discepolo fiorentino Enzo Enriques Agnoletti. Il redattore politico de «Il Ponte», periodico di ispirazione azionista fondato da Piero Calamandrei, lo invita più volte a tradurre in articoli la sua vocazione liberalsocialista. E la collaborazione non tarda ad arrivare.

Con pari enfasi andrebbe rivisitata la biografia di Anna Kuliscioff. Rivoluzionaria, tra i fondatori del Partito socialista italiano, si laurea in medicina specializzandosi in ginecologia. Scopre l’origine batterica della febbre puerperale salvando milioni di donne dall’ignoranza. Ma gli ospedali blasonati non la vogliono. Anna non demorde e frequenta i quartieri poveri di Milano per offrire assistenza ai bambini e alle mogli degli operai. Con la sua «fede» socialista, ricorda Giuliana Nuvoli, cura corpi fragili al servizio del padrone. Sono soprattutto emarginati abbandonati a se stessi e dimenticati dal «buon costume». Invoca il suffragio femminile, ma non vedrà l’esito. Muore nel 1925.