La notte del 12 a cui rimanda il titolo del film di Dominik Moll – in sala da oggi, dopo l’anteprima allo scorso festival di Cannes – è quella in cui una giovanissima ragazza viene uccisa in una zona intorno a Grenoble: bruciata viva mentre rientra dopo una serata a casa dell’amica del cuore a cui aveva mandato un video prima di essere assalita. Clara, bionda e luminosa, descritta come una persona allegra, semplice, solare non aveva almeno nelle parole di chi la racconta nemici né presenze ostili nella sua vita in quella periferia di provincia dove il tempo sembra comprimersi. Viveva coi genitori, aveva un ragazzo di cui era molto innamorata anche se si lasciava attrarre sempre dai «bad boys», era discreta – nelle parole del padre che pur amandola moltissimo non sapeva molto di lei.

PERÒ se si va a mettere sotto controllo la vita di ciascuno si troverà sempre qualcosa di strano, qualcosa che stride, qualcosa da giudicare male. Dipende dal punto di vista, ovviamente, e soprattutto da cosa si vuole vedere. Per lei il «problema» è che aveva molte storie, persino uno «scopamico» – come si definisce all’incredulo poliziotto un ragazzo che non era geloso perché fidanzato con un’altra – come Clara del resto. E pure il suo ragazzo non dice che erano fidanzati ma che lei gli si era appiccicata. Poi ci sono ex e uomini misteriosi molto più grandi già denunciati per avere massacrato la moglie e compagne forse più possessive di quanto ammettono, e altri respinti che invece vantano rapporti sessuali con la ragazza mai esistiti.
Basta poco agli occhi dei poliziotti (e del mondo) per etichettarla come «facile. Il giovane agente da poco arrivato al comando della polizia giudiziaria del posto (Bastier Bouillon) insiste a chiedere all’amica se Clara andava a letto con questo o quello: ma cosa cambia gli grida lei – è morta perché era una ragazza.

SE DA UNA parte il film ispirato a un fatto di cronaca raccolto nel libro di Pauline Guén 18.3 – une année à la Pj, è il racconto di un’inchiesta, Moll che ha scritto la sceneggiatura insieme a Gilles Marchands sposta progressivamente lo sguardo altrove per costruire una serrata interrogazione della mascolinità. L’apparente struttura del poliziesco-noir viene pian piano ricalibrata nella misoginia in circolo tra tutti quei maschi che si trovano per lavoro come i poliziotti, o per i casi della vita, come i giovani uomini che frequentava la vittima a confrontarsi con la sua morte. Tutti, più o meno, non sembrano capaci di concentrarsi sull’orrore di quel delitto, sulla violenza che contiene e che esprime – deviando verso altro: scuse meschine per autogiustificarsi, bugie tracotanti, sfrontatezza. In questo universo declinato per lo più al maschile con le risate della «virilità» è facile giudicare tra opinioni tirate via in fretta, aggressività malcelata, luoghi comuni che permettono di sviare le domande su quella violenza e sulle forme che di essa si esercitano o si possono esercitare ogni giorno: contro le donne da parte degli uomini e anche tra maschi.
Il femminicidio di Clara sembra destinato a rimanere un caso insoluto fino a diventare un’ossessione per il poliziotto alle prese coi fantasmi che proietta in quella ricerca. Moll continua a aprire nuove piste, e con la mascolinità è il genere poliziesco che viene appunto messo in discussione, la sua forma si sposta nel lavoro quotidiano, in una dimensione poco eroica, intreccia il privato dei poliziotti – come quello del personaggio in piena crisi matrimoniale a cui da vita Bouli Lanners – cerca dettagli che continuano a rimandare alle relazioni tra gli uomini e le donne.

UOMINI dunque che investigano su donne uccise quasi sempre da uomini come loro: in che modo assumerlo, come confrontarsi con questo? Senza enfatizzare, e grazie a una scrittura tenuta la narrazione mantiene un tono discreto, mai sottolineato o dimostrativo rispetto alla riflessione politica su femminicidio e mascolinità. Nel suo movimento Moll non cerca la risposta definitiva né si chiude dietro alla slogan col quale mettere sotto accusa qualsiasi uomo possibile. È appunto l’ambiguità che lo interessa rispetto a questa violenza, sono le zone meno intellegibili seppellite nelle abitudini a cui la dimensione del film risponde attraverso la quotidianità dei suoi protagonisti.