Tante porte sbattute in faccia, tanti «no, grazie. Brava ma non è quello che cerchiamo…». Claudia Lagone in arte Levante, classe 1983 di Caltagirone provincia di Catania, è una ragazza tosta. Certo per trovare ascolto è dovuta sbattersi tanto; addirittura tredicenne si è trovata a confrontarsi con la platea del festival degli sconosciuti di Ariccia (siamo in epoca pre talent…) con un pezzo cupo, cupissimo di sei minuti. Sorprendente per una poco meno che adolescente, se ne accorge anche Teddy Reno: «Sì, ma poi non mi ha presa – ride al telefono stretta tra una data e un’altra del tour che la sta portando su e giù per lo stivale – si è visto arrivare questa tredicenne con un brano lungo e complicato. Un po’ devo averlo sconvolto…».

Poi tanta gavetta. «Ho suonato e composto pezzi sempre in giro, sono vissuta in Inghilterra, alla fine ho trovato l’ambiente giusto a Torino». E in casa sabauda si è schiarita ben bene le idee: «Ho capito che dovevo cambiare modo di comporre, ho tagliato il cordone ombelicale e ho costruito le canzoni poi finite nel disco». Eh sì, perché dopo un assaggio estivo con Alfonso (il pezzo dove sentenziava con sicumera ’che vita di merda’…) con cui ha catalizzato l’attenzione di radio e media, ha preparato per benino il suo album d’esordio, Manuale distruzione.

Una sequenza di canzoni nelle quali racconta come si: «cresce su grandi macerie, usando tutto quello che si impara e ci istruisce e in qualche modo riesce a distruggerci». Chapeau. Peccato che a Sanremo – altra porta sbattuta in faccia – non abbiano capito escludendola dagli otto finalisti. Il pubblico invece l’ha seguita: piazzatissima su iTunes, addirittura un’apparizione nelle classifiche ufficiali Fimi. Perché i dodici pezzi meritano eccome; orchestrati ottimamente da Alberto Bianco, registrati coinvolgendo Federico Puttili e Alessio Sanfilippo della band torinese (che la segue in tour) dei Nadar Sola. Nelle liriche si parla di sentimenti e dintorni, ma non pensate alle solite variazioni sul tema ’passione, amore cuore’: «Non potrei, io cerco da sempre di andare avanti, di costruire storie che partono da perdite, passioni molto forti. Ma non mi sento negativa, penso che si possa costruire anche dai propri dolori». Dedizione e costanza, così canta in Duri come Me: «E stringerò i denti finché ne avrò» è la frase che riassume il brano: non ci si arrende finché non si è fatto il possibile…

Ma Levante sa essere anche leggera, ironica come quando parla di noia all’interno di una coppia in Sbadiglio: «Mi piace guardare le relazionida mille punti di vista, e quella della noia è una costante che prima o poi arriva. E definisco lo sbadiglio come una… casa trascurata». Se nel cd a colpire è la grinta di Levante, dal vivo il sound è ancora più compatto, deciso: «Sento molto il pubblico, e soprattutto ho una band fantastica. Siamo amici e credo che la gente di questo se ne accorga pienamente. Durante le session di registrazione del disco mi sono affidata e consigliata con Alberto, bravissimo anche perché si è trovato a scontrarsi con un mondo prettamente femminile. Non era affatto facile».