Chi è alla ricerca di proteine alternative alla carne trova sul mercato italiano una vasta offerta di composti denominati bistecca, svizzera, burger, hamburger vegetale e tofu a base di soia testurizzata (portata ad altissima temperatura e poi raffreddata velocemente) oppure il seitan a base di glutine di frumento, o varianti con lenticchie o ceci che al momento costano più del macinato di chianina. Li comprano perlopiù vegani e vegetariani, ma convertire un carnivoro alla soia testurizzata sembra un’impresa pressoché impossibile. Negli Stati Uniti Impossible Foods vende ai ristoranti hamburger vegetali al gusto di carne contenenti l’eme, un componente dell’emoglobina ma presente anche nei vegetali, e prodotti con Ogm, che replicano l’aspetto, il profumo, l’aroma e persino la consistenza della carne.
La risposta europea all’avanzata dei surrogati vegetali della carne è il progetto Plant Meat Matters, una partnership pubblico-privata dove la ricerca la fa l’Università olandese di Wageningen insieme a un pool di industrie come Unilever, Givaudan, Nutrition&Santé, con fondi del ministero dell’economia olandese. L’obiettivo è produrre un surrogato della carne di nuova generazione a partire da soia e grano, che, degustato alla cieca, sia indistinguibile dalla carne vera, a partire della consistenza. Responsabile scientifico del progetto è il professor Atze Jan van der Goot che ha messo a punto la Shear Cell Technology.

Professor van der Goot, come funziona la tecnologia Shear Cell?

Usiamo proteine di soia (non Ogm) e glutine di grano e li inseriamo insieme ad acqua, in un macchinario cilindrico, che chiamiamo Couette. Sottoposti a pressione e rotazione, a 120° e dopo 30 minuti, i filamenti di soia e glutine si intrecciano a formare una consistenza che replica la fibrosità della carne.

Quali sono i vantaggi di questo tipo di lavorazione?

La Shear Cell Technology può essere utilizzata anche su piccola scala, per esempio un ristorante o un ospedale. Inoltre possiamo modulare la consistenza fibrosa del prodotto. Quindi è un procedimento più flessibile rispetto, per esempio, all’estrusione (quello utilizzato per produrre la pasta, ndr), che produce un flusso continuo di prodotto sempre uguale.

Però soia e glutine non hanno sapore.

Noi lavoriamo sulla consistenza, il sapore viene conferito dagli aromi.

Sostituiti vegetali della carne esistono già sul mercato: il tofu, il seitan o i prodotti a base di soia testurizzata. Quale sarà la differenza?

La differenza è che noi produrremo un prodotto davvero fibroso, simile alla carne, che è quello che chiedono i consumatori.

La carne vegetale sarà un «novel food» (nuovo cibo) che dovrà essere approvato dalle Autorità europee?

Non credo. Le materie prime sono ben note e anche il metodo di lavorazione non ha nulla di atipico.

La carne vegetale è un prodotto alimentare ultra-trasformato, con coloranti, conservanti, aromi. I consumatori lo accetteranno? Quali sono i benefici nutrizionali?

Non definirei la carne vegetale un prodotto ultra-trasformato. Il procedimento è molto più simile a quello utilizzato per fare il pane. Non necessita di conservanti, mentre coloranti e aromi saranno naturali. I prodotti vegetali alternativi alla carne sono ben accetti dai consumatori in paesi come l’Olanda, la Germania e la Gran Bretagna. I benefici nutrizionali dipendono dalla composizione del prodotto ma anche da come viene inserito nella dieta complessiva di un individuo. Ad essere più o meno salutare è uno stile alimentare, non un singolo alimento.

Avete depositato un brevetto?

No, questa tecnologia non è brevettata. Noi pubblichiamo la maggior parte dei risultati di questa ricerca e ci auguriamo che altri comincino a fare studi su questa tecnologia.

Quando sarà disponibile sul mercato?

Alla conclusione del progetto Plant Meat Matters, tra 3 anni e mezzo. La fase più delicata sarà il passaggio dalla sperimentazione in laboratorio a una scala industriale.