Le grandi manovre erano cominciate già in piena estate, dopo che il Cavaliere aveva annunciato il ritorno di Forza Italia e l’ipotesi di un possibile “spacchettamento” del centrodestra si era fatta più concreta. Riunioni, incontri, appelli a ritrovare l’unità perduta avevano scandito i giorni del popolo post-fascista ormai orfano di una casa comune come di un vero leader. A dire il vero, qualcuno, come il gruppo Meloni-La Russa-Crosetto, aveva anticipato i tempi, decidendo fin dalla scorsa primavera di correre sotto le insegne della nuova compagine dei “Fratelli d’Italia”, ma senza raccogliere fino ad ora il plauso, e i consensi, dell’intera comunità. Ora, però, tutto si è fatto più chiaro, i principali interpreti hanno calato la maschera e annunciato le loro reali intenzioni. A destra della destra, in Italia, si sono aperti ufficialmente i giochi del dopo-Berlusconi. Nel segno dell’unità, a parole, e della possibile concorrenza, nei fatti.

All’insegna di quella che, malgrado gli intenti esibiti pubblicamente, appare più come una sorta di “rifondazione missina” che non l’An 2.0 annunciata dai manifesti della vigilia, con una settimana d’anticipo sulla riesumazione di Forza Italia in un hotel della Capitale si era già svolto il primo incontro pubblico di quello che si è autodefinito come Movimento per Alleanza Nazionale. Intento dichiarato: recuperare nome e simbolo del partito nato nel 1995 dall’Msi e messo in soffitta dal Cavaliere con la svolta del predellino. «La nostra è una proposta che riparte da An e che vuole recuperare lo spazio a destra. An ancora oggi vale come simbolo 2 milioni e mezzo di voti», ha spiegato Francesco Storace che dalla ridotta di La Destra guida questa campagna. Peccato che, almeno per il momento, il brand nazionalalleato, e il relativo patrimonio stimato in circa 200 milioni di euro, sia nella disponibilità della sola Fondazione An, guidata da uomini eletti nel Pdl.

In attesa di capire che ne sarà del marchio di fabbrica dell’ultima stagione vittoriosa della destra nazionale – da sola An aveva raccolto fino al 16% dei consensi -, insieme all’ex Epurator della partita sono già diverse figure della diaspora post-missina. Alcuni di loro non sono nemmeno mai transitati per An, come il segretario della Fiamma Tricolore Luca Romagnoli – quello che nel 2006, alleato del centrodestra alle elezioni, andò in televisione a dire: «Se le camere a gas sono mai esistite? Francamente non ho nessun mezzo per poterlo affermare o negare» -, il coordinatore nazionale di Futuro e libertà, ormai sempre più lontano da Fini che infatti si affida quasi esclusivamente alla sua fondazione Liberadestra, Roberto Menia, l’ex sindaco di Lecce e leader del piccolo movimento Io Sud, Adriana Poli Bortone. Oltre a Domenico Nania e a qualche altro ex notabile aennino specie proveniente dal Mezzogiorno. Da notare come il nome più applaudito in sala, mentre si siglava l’accordo in vista della rinascita di An, era quello di Almirante, inteso come Giorgio e non come Donna Assunta, per altro invitata a benedire l’iniziativa.

Anche se a voce parlano di «progetti complementari» e non di aperta concorrenza come sarebbe facile immaginare a prima vista, alla proposta di Storace & co di riunire tutta la destra sotto le vecchie bandiere di Alleanza Nazionale, da Fratelli d’Italia si risponde gonfiando un po’ i muscoli. «Noi siamo già in Parlamento e rappresentiamo l’eredità unica di An», taglia corto Ignazio La Russa.

Anche per i Fratelli è tempo, mentre cresce l’organizzazione sul territorio e le lusinghe nei confronti di possibili transfughi dal Pdl, di gettare la rete per vedere se qualcosa di ciò che fu il centrodestra resterà alla fine impigliato. Il progetto ha il nome un po’ pomposo di Rifare l’Italia ed è lo sviluppo della «piattaforma culturale e programmatica di Officina per l’Italia», una sorta di contenitore che muove da destra verso i settori più “centristi” dell’ex galassia berlusconiana, già varata dal partito di Giorgia Meloni – “la Le Pen italiana” come l’hanno più volte definita ultimamente sulla stampa, cosa che a lei non sembra dispiacere – insieme, tra gli altri, a figure della cultura postfascista come Marcello Veneziani e Gennaro Malgieri, e all’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno.

Già, Alemanno, a sua volta fondatore nelle ultime settimane di Prima l’Italia, movimento schierato contro l’Euro, «vogliamo ridare sovranità nazionale e indipendenza economica al nostro paese», che già immagina «un grande movimento di popolo che ponga termine alla parentesi del governo di larghe intese e che eviti il rischio di consegnare l’Italia alla sinistra».

La prima fermata, il bus della nostalgia della destra la farà alle europee, dove però si passa solo superando il 4%. Nei prossimi mesi si capirà perciò chi sale e chi scende da questa vettura già in corsa. E chi ne potrà reggere il volante.