South Central Los Angeles, anni Ottanta: sui bus i ragazzi neri portano le loro boombox come, sull’altra costa degli Stati uniti, Radio Raheem in Fa’ la cosa giusta di Spike Lee. Sono i quartieri a maggioranza african american della città californiana, che a breve sarebbero diventati tristemente famosi per le gang in lotta tra loro, lo spaccio, l’epidemia di crack a cui la presidenza Reagan dichiarò un’ipocrita guerra.

L’apertura di Snowfall di John Singleton – serie in dieci puntate che va in onda dal 26 novembre la domenica su Fox, e già rinnovata per una seconda stagione – fotografa il momento esatto prima della tempesta in cui la cocaina, dalle ville dei bianchi ricchi, arriva – sotto forma del più economico crack – anche nelle strade dei quartieri sinora della working class, cambiando il loro volto per sempre.
I protagonisti di Snowfall – serie corale che segue parallelamente le storie destinate a incrociarsi di più personaggi – sono proprio la personificazione delle cause che hanno concorso a questa trasformazione. In primo luogo il desiderio di rivalsa sociale ed economica di chi è stato predestinato a una vita subalterna ai bianchi – il diciannovenne Franklin Saint, che dice allo zio di voler «riscrivere le regole del gioco» e comincia ad arricchirsi proprio portando nel quartiere la cocaina di un gangster israeliano – e il cinico calcolo politico di un agente della Cia, e dietro di lui tutta l’agenzia, che finanzia dei guerriglieri sudamericani con i soldi dello spaccio della droga fornita da loro stessi: un riferimento allo scandalo Iran-Contras che minò proprio la presidenza di Ronald Reagan.

«Hanno facilitato a queste persone il contrabbando negli Stati uniti prima della cocaina e poi del crack – ha spiegato Singleton in un’intervista – non in modo diabolico, con lo scopo di decimare la popolazione nera: erano semplicemente indifferenti rispetto alle conseguenze delle loro azioni. E la stessa cosa sta succedendo adesso con gli antidolorifici, i farmaci oppiacei».
Della generazione che il regista definisce «devastata dalle droghe» Singleton stesso è un esponente, e con Snowfall torna a raccontare – a distanza di quasi trent’anni – gli stessi luoghi in cui è nato e cresciuto e che erano stati i protagonisti del suo primo film del 1991, Boyz n the Hood – Strade violente (con cui aveva ricevuto la prima nomination all’Oscar per un regista african american). Li racconta però da una nuova prospettiva, più vasta e più «razionale», ma anche meno passionale.