Cinquanta milioni di visitatori e 200 milioni di incasso nei musei e nei siti del nostro patrimonio culturale nel 2107, più di 7 milioni di euro solo dal Colosseo. Un grande successo, se si tiene conto che nel 2013 i visitatori, invece, erano stati 38.500.000 circa e gli incassi ammontavano a 126.500.000 euro. La grancassa elettorale del ministro Franceschini, titolare del Mibact e ormai azionista di maggioranza del Pd, ha battuto con molta forza, per rivendicare, come un grande successo della sua riforma del ministero, l’incremento di visitatori e di incasso degli ultimi quattro anni.

UNA RIFORMA che ha una filosofia di fondo, la valorizzazione, e una tattica, la tripartizione delle strutture ministeriali: al vertice, i venti «super-musei» con una gestione improntata alla monetizzazione; più in basso, i male assortiti e diseguali «poli museali» e, infine, le soprintendenze territoriali. La riforma Franceschini ha separato la valorizzazione, inteso come profitto, dalla tutela e ha privilegiato la prima a discapito della seconda, indebolendo strutturalmente le soprintendenze territoriali, alle quali spetta la sorveglianza capillare dei monumenti e dei paesaggi.
La mancanza di personale nelle soprintendenze è, per la verità, responsabilità dei governi degli ultimi vent’anni (almeno), e sembra preludere alla loro messa in liquidazione. Una dismissione resa probabile – se si ricorda che, secondo Renzi, «soprintendente è la parola più brutta del vocabolario» e che, secondo Boschi, «le soprintendenze vanno abolite» – dall’indirizzo politico-culturale della riforma. Il patrimonio culturale di cui l’Italia si vanta è enorme e prezioso, ma è anche antico e fragile e perciò richiede cure, prevenzione e tutela diffuse e strutturali. Non si può fare prevenzione e tutela se i fondi per la manutenzione ordinaria e straordinaria del Mibact sono stati progressivamente tagliati fino a giungere, nel 2017, a soli 16, sommamente inadeguati, milioni.

IL MINISTRO trionfalisticamente rivendica, per mezzo di una stampa perlopiù acritica, i maggiori incassi in euro, ma la spesa statale per la cultura rimane una delle più basse d’Europa: un terzo di quella francese, metà di quella spagnola, mentre i suoi recenti, piccoli, incrementi sono calcolati, da Franceschini, rispetto all’imbarazzante 0,19% del bilancio del Mibact toccato, nel 2008, da Sandro Bondi. Gli scarsi finanziamenti ministeriali vengono, per giunta, indirizzati su progetti discutibili come, per esempio, i 18 milioni di euro destinati all’arena del Colosseo per futuri spettacoli gladiatorî.

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PER FARE CASSA, però, si può, e si deve, ricorrere alle gare di canottaggio nelle vasche della Reggia di Caserta progettate anche dal Vanvitelli, mentre, all’interno, si tengono «eventi» dedicati alla mozzarella di bufala. A Palazzo Pitti si allestisce una sfilata di Gucci pur di incassare 2 milioni di euro destinati a una imprecisata valorizzazione dei Giardini di Boboli e nel Museo archeologico nazionale di Napoli, si organizza una mostra sul Napoli Calcio con magliette e gadgets di Maradona. I nostri beni comuni sono usati come location per vendere prodotti, mentre i paesaggi italiani, dei quali pure si mena gran vanto, sono sempre di più esposti al consumo del suolo, fino al punto che si lascia che la stragrande maggioranza delle regioni (17 su 20), non predisponga, d’intesa col ministero, e poi approvi, i Piani paesaggistici previsti dal Codice del 2007.
Se si analizzano con più accuratezza i dati si può scoprire, per esempio, che il dato complessivo del turismo è cresciuto, negli ultimi tre o quattro anni, soprattutto a causa del terrorismo internazionale che ha portato nel nostro Paese un maggior numero di visitatori (+4,8%) a scapito della Francia (-4%), Turchia (-30%), Egitto (-40%), fascia del Maghreb e Medio-oriente(-4,1%).
Continuando ad analizzare i dati si scopre che, naturalmente, la quantità maggiore di visitatori si concentra nei grandi musei (Uffizi e Galleria dell’Accademia di Firenze) e nei siti archeologici più famosi (Colosseo e Pompei), enormemente favoriti dalla riforma Franceschini, mentre nulla è cambiato, se non in peggio, per tutti gli altri siti e musei minori, meno celebri o meno importanti.

MANCA DAVVERO poco alle elezioni e la condizione nel campo della sinistra è, per milioni di elettori, talmente incerta che potrebbero non andare votare. Anche io non andrò a votare se un partito politico non includerà nel suo programma elettorale la piena attuazione, come ha di recente ribadito Salvatore Settis, della nostra Costituzione a partire dall’integrazione di scuola, ricerca, università, tutela del patrimonio culturale e dei paesaggi (articoli 9, 21, 33, 34) in un grande progetto di restauro capillare di tutti i nostri territorî che produca una maggiore perequazione sociale ed economica di tutti i cittadini (art. 3).

 

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