Sarà perché aveva 23 anni ancora da compiere ed era già mamma di un bambino di cinque. O perché la sua giovanile freschezza l’aveva portata ad una comparsata nel film “Se son rose” di Leonardo Pieraccioni. Oppure perché una recente foto con le colleghe di lavoro e la titolare dell’Orditura Luana di Oste di Montemurlo, tutte sorridenti e quasi abbracciate, a cementare una comunione di intenti non soltanto produttivi ma di vita e di dignità del lavoro, resta di inalterata bellezza anche a tragedia compiuta. Per certo la morte di Luana D’Orazio, finita dentro gli ingranaggi di un orditoio, sta scuotendo nel profondo molte coscienze. Comprese quelle delle associazioni degli industriali.

Le commissioni lavoro e affari costituzionali del Senato l’hanno ricordata in avvio di seduta, sollecitando l’avvio della commissione monocamerale di inchiesta sulle condizioni di lavoro nel Paese, votata all’unanimità più di un anno fa dall’aula di palazzo Madama. E i sindacati confederali di Prato, terza città del centro Italia e storico polo industriale della penisola, hanno indetto per venerdì quattro ore di sciopero, con un presidio in piazza delle Carceri. “Prima di Luana era già morto un operaio poco più che ventenne rimasto schiacciato da un macchinario in un’azienda tessile di Montale – ben ricordano Cgil Cisl Uil – e se bisogna investire sul futuro dei giovani, occorre offrire loro la possibilità di un posto di lavoro dignitoso e sicuro”.

Anche il sindaco pratese Matteo Biffoni non dimentica di piangere insieme a Luana il coetaneo Jaballah Sabri, nato in Tunisia ma diventato subito pratese, come sempre successo in una città dinamica e concreta che passo passo è arrivata a contare 200mila abitanti, rimasto schiacciato il 2 febbraio scorso da una macchina automatica “apri balle” che l’operaio stava pulendo. E pur nell’immenso dolore del momento la mamma di Luana, Emma Marrazzo, ha parole di conforto anche per la padrona della ditta dove è morta sua figlia. “Non sa cosa è successo, anche lei lavora alle macchine, non è una che sta a spasso, si dà da fare. Proprio ieri aveva assunto un ragazzino per stare vicino a mia figlia, per darle una mano. Mi ha chiamato anche lei, poverina, è distrutta”.

Il procuratore Giuseppe Nicolosi, magistrato di valore che ha lavorato fianco a fianco con Gabriele Chelazzi per ricostruire le stragi, non solo mafiose, del biennio 92-93, spiega che è quasi un atto dovuto l’iscrizione nel registro degli indagati di Luana Cappellini, la titolare della ditta, per consentire gli accertamenti sull’orditoio, ai quali potrà partecipare così anche un consulente difensivo: “Cerchiamo di capire se e cosa non abbia funzionato nel macchinario, compresa la fotocellula di sicurezza. Abbiamo ricevuto i rilievi e nelle prossime ore nomineremo dei periti per gli accertamenti sui documenti raccolti dalla polizia giudiziaria. Speriamo di poter eseguire presto anche l’autopsia sul corpo della ragazza, per cui abbiamo già dato mandato”.

Gli accertamenti, affidati ai tecnici del dipartimento di prevenzione dell’Asl Toscana Centro, dovranno stabilire come è potuta accadere una tragedia del genere, visto che i miglioramenti tecnologici hanno, finalmente, portato ad una drastica riduzione degli incidenti sul lavoro in orditura, anche mortali, assai frequenti nel secolo scorso. Intanto però il sindacato di base Usb non dimentica di ricordare un particolare non trascurabile, in un Paese dove si contano ogni anno a centinaia le vittime del lavoro: “Si tratta di omicidio sul lavoro, che però non è contemplato come reato nel nostro ordinamento giuridico. Lo Stato italiano si è premurato, e bene ha fatto, di introdurre il reato di omicidio stradale. Ma non discute le proposte di legge, che pure ci sono in Parlamento, per introdurre una analoga misura per gli omicidi che avvengono quotidianamente sui luoghi di lavoro”.