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La morsa soffocante del blocco israelo-egiziano

La morsa soffocante del blocco israelo-egiziano

Gaza Si aggravano le condizioni di vita nella Striscia a causa delle misure restrittive adottate dal Cairo verso Hamas e i palestinesi dopo la deposizione di Morsi. Misure che si aggiungono alle imposizioni israeliane

Pubblicato circa 11 anni faEdizione del 3 ottobre 2013
Michele GiorgioGERUSALEMME

Un salto indietro di quasi tre anni. Ai giorni neri in cui Gaza viveva stretta tra due assedi. Di Israele e dell’Egitto del presidente-faraone Hosni Mubarak. Di settimana in settimana si aggrava la condizione della Striscia dove la popolazione civile aveva potuto godere nell’ultimo anno e mezzo di un allentamento delle restrizioni, soprattutto sulla frontiera meridionale con l’Egitto. Caduto, per il golpe militare del 3 luglio, il presidente islamista Mohammed Morsi, tutta Gaza si è improvvisamente ritrovata sotto accusa solo per aver ricevuto aiuti e riconoscimenti dai Fratelli musulmani egiziani, allontanati con la forza dal potere tre mesi fa. Il Cairo peraltro accusa Hamas, che controlla Gaza dal 2007, di “aiutare” i jihadisti che agiscono nella Penisola del Sinai senza però avere prodotto, sino ad oggi, una sola prova concreta delle responsabilità del movimento islamico palestinese. Anche un avversario storico di Hamas, il generale Jibril Rajoub, fino a qualche anno fa esponente di primo piano dell’Autorità nazionale palestinese, di recente ha definito “esagerate” le accuse rivolte al movimento islamico palestinese.

Le condizioni di vita a Gaza si aggravano nel disinteresse della comunità internazionale. Eppure oltre agli effetti devastanti della chiusura, quasi perenne, del valico di Rafah con l’Egitto e alla distruzione di molti dei tunnel clandestini con il Sinai che garantivano l’ingresso di merci di ogni tipo, la popolazione di Gaza deve sempre fare i conti con lo stillicidio di vite umane causato dal fuoco dei soldati israeliani lungo il confine. Ieri si sono svolti i funerali di Houshab Abu Houshab, 36 anni, ucciso due giorni fa nei pressi di Beit Hanoun, nel nord di Gaza. Secondo il portavoce militare israeliano, l’uomo si aggirava «in modo sospetto» lungo le recinzioni di confine. Per i palestinesi Abu Houshab era un civile disarmato che, con ogni probabilità, stava tentando di passare in Israele, come tanti altri manovali, alla ricerca di un lavoro. L’11 agosto, le truppe israeliane avevano ucciso un altro palestinese, sostenendo, anche in quel caso, che era stato visto comportarsi «in modo sospetto».

Le proteste palestinesi per la chiusura del valico di Rafah continuano a non avere effetti sulle autorità egiziane. Domenica centinaia di studenti e di ammalati gravi avevano hanno manifestato a Rafah contro la chiusura del valico spiegando che l’apertura intermittente della frontiera colpisce civili senza colpa. Sabato scorso solo 62 persone sono riuscite a lasciare Gaza. Prima del colpo di stato in Egitto ogni giorno una media di 1.200 persone lasciavano Gaza attraverso Rafah. Non hanno miglior fortuna i pescatori colpiti dalle restrizioni israeliane e ora anche da quelle egiziane. Il mese scorso i giudici egiziani hanno condannato a un anno di prigione cinque pescatori con l’accusa di essere entrati con le loro barche nelle acque territoriali egiziane. Eppure fino a qualche mese fa era una pratica frequente. A causa delle imposizioni israeliane i pescatori di Gaza sono spesso costretti a muoversi verso le acque egiziane dove però ora incontrano motovedette pronte anche ad aprire il fuoco.

Ocha, l’Ufficio per il Coordinamento degli Affari Umanitari dell’Onu, è preoccupato per le recenti misure adottate che colpiscono i civili palestinesi. Ma le autorità egiziane non ascoltano e si dicono soddisfatte, in particolare dello stop quasi completo del traffico clandestino del carburante diretto a Gaza. Si è passati da un milione di litri al giorno a 200mila litri. Gli effetti si sono fatti sentire subito negli ospedali costretti a lavorare spesso con i generatori autonomi. Il dottor Hussein Ashour, direttore generale dell’ospedale Shifa di Gaza City, ha riferito nei giorni scorsi dei rischi per i pazienti ricoverati in terapia intensiva o in dialisi. Nell’ospedale Shifa ci sono una ventina di sale operatorie ma l’energia intermittente consente l’utilizzo solo della metà. A ciò si aggiunge la penuria cronica di alcuni medicinali. Il ministero della salute ha lanciato l’allarme: oltre 100 tipi di farmaci sono introvabili a Gaza e circa 1000 pazienti non possono ricevere cure adeguate. E questi sono soltanto alcuni dei problemi che la popolazione deve affrontare ogni giorno.

 

 

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