Il pollo al cloro è stato il simbolo della campagna elettorale per le europee in Francia, sostituendo nell’immaginario collettivo – con molte più ragioni – l’ormai classico “idraulico polacco” che aveva angosciato gli elettori ai tempi della discussione sulla direttiva Bolkestein e che aveva portato al “no” al referendum del 2005 sul Trattato costituzionale. Dalla sinistra della sinistra fino all’estrema destra, passando per i Verdi e, in misura minore anche per una parte dei socialisti, il “pollo al cloro” è diventato lo spauracchio che illustra le derive tecnocratiche e opache di Bruxelles, che vorrebbe imporre un’ “Europa americana” con il Ttip, il trattato di Partnership tra Usa e Ue sul commercio e gli investimenti: negli Usa “lavano” i polli con il cloro, cosa proibita in Europa, ma che potrebbe diventare moneta corrente con l’armonizzazione delle norme prevista dalla “Nato del commercio” in via di negoziato.

Dei militanti del Front de Gauche hanno organizzato divertenti happenings travestiti da polli, nella speranza di trasformare il voto del 25 maggio in un referendum anti-Ttip, mentre i Verdi sognano di ripetere l’esperienza positiva del 2012 sull’Acta (l’accordo commerciale sulla contraffazione), che era stato abbandonato dopo una forte campagna contraria. Nel Ps, per non contraddire troppo François Hollande che ha difeso i vantaggi del Ttip per rilanciare il commercio e quindi l’economia, l’attacco si è concentrato sui “tribunali arbitrali”, le giurisdizioni private di fronte alle quali le multinazionali potrebbero trascinare gli stati se considerati troppo protettori per le norme sociali o ambientali. L’ecologista José Bové si è presentato in tv con in mano un pollo ruspante e in un clip di campagna di un partito della destra sovranista è messo in scena un tragico pranzo di famiglia con pollo al cloro. Anche il Fronte nazionale ha fatto riferimento al maledetto pollo. La forte opposizione al Ttip ha portato il ministro dell’agricoltura, Stéphane Le Foll, a due giorni dal voto di domenica, ad assicurare che la filiera “carne” – pollo compreso – sarà classificata come “prodotto sensibile” e quindi esclusa dalla liberalizzazione totale. Anche il candidato alla presidenza della Commissione, Martin Schultz, in Francia ha affermato che se ci saranno i tribunali arbitrali Bruxelles bloccherà tutto in caso di vittoria del Pse.

L’episodio del “pollo al cloro” ha un po’ vivacizzato una campagna breve, a ridosso delle elezioni municipali del marzo scorso, caratterizzata da un doppio sentimento diffuso: l’indifferenza dei cittadini e la minaccia del Fronte nazionale primo partito di Francia. Oggi, il record di astensione del 2009 (59,37%) potrebbe venire superato. Il governo si aspetta una seconda sberla elettorale, dopo quella delle municipali, al punto che il Ps si accontenterebbe di non fare peggio del 2009 (aveva preso solo il 16,5%) e già si consola con il crollo dei tempi di Rocard (14,49% nel 1994). Il primo ministro, Manuel Valls, si è buttato in prima persona nella campagna, ha invitato all’ “insurrezione democratica per dire di no ai populismi” e ha auspicato “una sorpresa” positiva per il Ps domenica sera. Ma i sondaggi per i socialisti restano bassi, tra il 13 e il 17%.

La campagna è stata dominata dagli euroscettici, Fronte nazionale in testa, che ha trascinato tutti a rispondere alle sue argomentazioni semplificatrici, riassunte nello slogan “si’ alla Francia no all’Europa”. A parte il Ttip, i temi del dibattito elettorale si sono concentrati sulla politica nazionale. A destra, l’Ump ha fatto campagna contro Hollande. Il timore, per l’Ump, è di essere superato dal Fronte nazionale nel ruolo di principale polo dell’opposizione. Questo ha portato il partito a spostarsi a destra, sulle terre frontiste, come nel caso dell’ex presidente Nicolas Sarkozy, che in un intervento pubblicato dal settimanale Le Point (e da Die Welt in Germania) ha proposto di annullare gli accordi di libera circolazione di Schengen. La sinistra della sinistra non è riuscita ad intercettare il malessere causato dalla crisi economica e dalla forte disoccupazione. Il Front de Gauche, che sognava di raddoppiare i voti del suo esordio nel 2009 (aveva avuto il 6%), nei sondaggi è fermo sul 7-8%. Europa Ecologia si aspetta un crollo rispetto all’exploit del 2009 (è tra l’8 e il 10%, mentre aveva superato il 16%). Il centro filo-europeo (Udi-Modem), che corre da solo, spera di ritrovare uno spazio politico, per non essere schiacciato nell’alleanza nazionale con l’Ump. La Francia, dove ormai solo il 41% pensa che l’adesione alla Ue sia “una buona cosa”, elegge 74 eurodeputati (su 751) con il proporzionale, con sbarramento al 5%. Si presentano 3753 candidati (la metà donne), divisi in 193 liste, un record di piccole formazioni.