La ripartizione concentrica tra centri e periferie non basta più da tempo a descrivere Roma, e perfino i «nonluoghi» surmoderni di augéniana memoria hanno fatto il loro tempo. Nell’anno del suo 150esimo anniversario come capitale d’Italia, la più grande città abusiva d’Europa – ma anche la più verde, parchi e pascoli compresi – continua ad avere un peso demografico assai modesto malgrado si estenda su un hinterland che va dal Tirreno all’Appennino, dai Castelli romani ai laghi della Tuscia.

PER CHI SI APPRESTA a candidarsi a sindaco sarebbe utile analizzare il «caleidoscopio urbano» in cui Roma si è trasformata: una molteplicità di metropoli, al plurale, in movimento, niente affatto eterne. A renderle visibili e tangibili è il volume Le sette Rome di Keti Lelo, Salvatore Monni e Federico Tomassi (Donzelli, pp. 123, euro 19), ultima tappa del progetto che ha preso avvio con Le mappe delle diseguaglianze del 2019 (stessa casa editrice), e che individua sei aree urbane ben delimitate, anche geograficamente, e una che le attraversa tutte.

Sette città: quella «storica», «turistificata» o perfino «disneyficata»; la «ricca» (il 16% della popolazione e il 9% del territorio comunale, diviso in due poli, agli estremi nord e sud); la «compatta» (37% dei romani, ceto medio); la «città del disagio» (16% della cittadinanza) e quella «dell’automobile» (22%) che si intersecano in una fascia a cavallo del Gra; la «città-campagna» e infine, trasversale a tutte, quella «degli invisibili».

NESSUNA è stata risparmiata dalla pandemia ma il maggior numero di contagiati è nell’ultima dell’elenco, dove il disagio è maggiore, nei nuclei di case popolari e nelle borgate di origine abusiva, per diminuire poi via via fino al minimo di positivi contati nella città storica. Interessante notare ad esempio che nella periferia est, Tor Bella Monaca e Torre Angela, «la somma delle domande per i diversi tipi di sussidio (reddito di cittadinanza, di emergenza, Naspi e bonus Covid) accolte a novembre supera le 20mila» e sono 10mila le richieste autorizzate di cassa integrazione: in tutto «30mila provvidenze, su una popolazione di 73 mila abitanti». Le 29 mappe e i 29 grafici descrivono composizione sociale ed economica dei sette «municipi» accomunati solo dai disservizi e dalla qualità della vita che è «tra le peggiori d’Europa».

Così, nella capitale senza industria ma al quarto posto per turismo, «che produce poco e consuma molto», prima nell’Ue per numero di imprese ma «con meno addetti di Milano», nona metropoli europea per Pil ma tra quelle con minore quota del Pil nazionale, scopriamo che nella parte storica un abitante su 4 è straniero, il 52% è single, i coniugati sono al minimo (38%) e i nuclei familiari sono i più piccoli; pochi i giovani. La migliore offerta scolastica è nell’urbe «ricca» dove lo squilibrio tra uomini e donne è massimo (82 uomini ogni 100 donne) e l’età media è più alta. Entrambe roccaforti del centrosinistra, anche se Virginia Raggi alle comunali 2016 aveva qui il 55% dei voti.

LA «CITTÀ COMPATTA» è «la parte più viva e vitale» dell’urbe, quella dei quartieri in fase di gentrificazione (Eroi, San Lorenzo, Pigneto, Garbatella, Ostiense e Centocelle) e lungo le vie consolari: 38% del suolo consumato, densità di popolazione alta (13% stranieri), maggior numero di famiglie a 2 componenti, trasporto pubblico buono, molti negozi e servizi; livelli di istruzione, occupazione e disoccupazione nella media, offerta scolastica di poco superiore alla media, inferiore quella culturale. Qui i nipoti del Pci, «che aveva numerose sezioni e molti iscritti», sono ancora ben radicati. Raggi ha incassato qui meno voti della media cittadina.

Nella «città del disagio» e quella «dell’automobile» vivono le famiglie classiche e più numerose, in affitto, con una scarsa offerta scolastica, culturale, lavorativa e di servizi. Qui la Lega alle europee 2019 ha ottenuto il 33% e il M5S il 24% dei voti. Raggi ha raccolto qui più consensi, dopo la «città campagna» che registra il record demografico, con famiglie giovani e prolifiche, e abitanti in continuo aumento, e con il massimo seguito per l’anti-establishment (Lega al 35%, centrosinistra al minimo dei voti). Trend politico simile alla «città dell’automobile» che, «molto eterogenea e frastagliata nella forma», si estende lungo le direttrici stradali verso l’hinterland, con conseguente poco appeal del trasporto pubblico.

L’ESERCITO di «invisibili», soprattutto senza tetto, migranti e rom, ma anche anziani in difficoltà, disabili, tossicodipendenti, malati psichici, detenuti, minori con scarse opportunità scolastiche, prostitute, vittime di tratta, donne che hanno subito violenza, vive ovunque e da nessuna parte. E di loro non è dato sapere neppure come si orienta nel voto. Perché nessun partito li rappresenta abbastanza.