Ore nove. Al teatro Valle auto-sgomberato domenica notte l’Acea interrompe l’erogazione di corrente. Il più antico teatro della capitale resta al buio. Non funzionano più gli allarmi anticendio. Per la prima volta si tocca con mano l’angoscia di una scintilla devastante. Come alla Fenice di Venezia. O quella appiccata al Petruzzelli di Bari. Al Valle le fiamme potrebbero divorare Sant’Ivo alla Sapienza del Borromini e arrivare fino alle spalle del Senato. Lo Stato si è ripreso il suo «bene» dopo tre anni. E lo ha fatto con una rappresaglia postuma contro un’occupazione che ha tenuto in vita un teatro, senza mai sottoporlo a rischi simili.

Sono passate appena dieci ore dall’annuncio dell’auto-sgombero per dare «vita a una nuova fase costituente» di un’esperienza che dovrebbe portare la fondazione «teatro Valle bene comune» (5600 soci per un capitale sociale complessivo di 250 mila euro) a siglare una «convenzione» con il teatro di Roma. La condizione posta dall’assessore alla cultura di Roma Capitale Giovanna Marinelli è quella di lasciare – per il momento – il teatro affinché il Campidoglio riprenda possesso della nobile struttura ed esegua mediante la Soprintendenza di Stato i lavori di messa a norma, provvedendo ad eventuali restauri. A iniziare dal tetto dove ci sono infiltrazioni.

La rappresaglia ha rischiato di fare saltare il tavolo tra gli attivisti e il Campidoglio a pochi minuti dall’inizio della conferenza stampa dove gli ex occupanti hanno chiesto l’uso del foyer come osservatorio sui lavori previsti (oggi i primi sopralluoghi tecnici) e luogo dove discutere e stipulare pubblicamente la convenzione. Per loro è questo il segno del passaggio dallo stato di occupazione ad uno che definiscono di «custodia» del teatro e dei lavori necessari per rimetterlo a nuovo.

Mentre nella mezzaluna affondata nel velluto rosso delle poltrone e della moquette calavano le tenebre, e nel tondo che ospita l’affresco del pulcinella sotto la volta si accendevano le luci di emergenza, è iniziato il sopralluogo della direttrice del dipartimento cultura di Roma Capitale Gabriella Acerbi, accompagnata da un tecnico dell’assessorato. Si è creato un serpentone di telecamere e flash a giorno che hanno seguito la perlustrazione al buio tra i piani e gli ordini dei palchi del teatro, i camerini come il palco.

Gli ex occupanti, che hanno girato negli ultimi giorni una video-documentazione che attesta lo stato del teatro, hanno riprodotto l’ultima delle tante visite guidate condotte che ha permesso alla cittadinanza di conoscere per la prima volta il Valle e la sua storia.

Nel frattempo c’è stata una tempesta di telefonate tra la sala al buio e l’assessorato in piazza Campitelli. Bisognava rimediare ai danni causati dalla rappresaglia che gli attivisti hanno inteso come un intervento diretto della Prefettura e dei «poteri forti» che governano la città. La corrente è stata ripristinata dopo tre ore. È arrivata una squadra di tecnici dell’Acea che ha rimesso in moto il teatro. Dentro, la sala ha ricominciato a respirare, come un organismo. La sua sacralità mondana e borghese è stata rispettata.

È successo che nella conferenza stampa condotta nel foyer stracolmo di centinaia di persone gli attivisti della fondazione del Valle abbiano chiesto esplicitamente un intervento del Comune: «Superando lo stato di occupazione vi abbiamo dimostrato di avere fiducia in voi – hanno detto – Adesso tocca a voi dimostrare se ve la meritate». Applausi. Poco dopo la luce è tornata. Ma la strada, all’una, ieri era ancora in salita.

Gli ex occupanti hanno chiarito le altre richieste: «Vogliamo diventare custodi di questo luogo». Costituirano un cantiere scuola sui lavori di messa a norma con la collaborazione di storici dell’arte e restauratori con la partecipazione di studenti universitari. «La fondazione desidera trasformare anche la fase di ristrutturazione in un momento di formazione» sostiene l’attrice Ilenia Caleo. Alla «custodia» si sono offerti di partecipare Paolo Berdini, l’ex ministro della cultura Massimo Bray, Paolo Maddalena, Ugo Mattei, Tomaso Montanari, Salvatore Settis. «Trasmetteremo in streaming le fasi dei lavori. È stato fatto per la Cappella Sistina, lo faremo anche qui».

Ieri gli attivisti hanno iniziato a costruire un’installazione artistica davanti all’entrata del foyer in via del teatro Valle. L’impalcatura è stata definita un’«osservatorio stellare»: «Metterà in relazione gli spazi interni del teatro con la città, attraverso questa struttura sospesa». Nel pomeriggio, alla presenza del presidente del teatro di Roma, uno stanchissimo Marino Sinibaldi, è stato inoltre inaugurato un nuovo palco dove si esibiranno artisti e si terranno assemblee in strada, passaggio del micro-autobus 116 permettendo.

Dopo gli ultimatum (uscite il 31 luglio, poi il 10 agosto, oppure vi sgomberiamo), dopo la rappresaglia sulla luce (non si sa ancora se e quanto prevista dal Campidoglio), il tortuoso percorso è andato avanti tra rabbia e scossoni. In una nota congiunta Sinibaldi e Marinelli hanno fissato la data del 2 settembre. Sarà questo il primo appuntamento con il direttore del Teatro di Roma, Antonio Calbi per scrivere la convenzione.

«Tutto questo – hanno scritto Marinelli e Sinibaldi – può avvenire solo a condizione che il Teatro Valle nella sua interezza venga consegnato a Roma capitale per l’immediato conferimento al Teatro di Roma». E poi l’apertura richiesta dagli attivisti sul foyer, che era stata negata in precedenza: «L’impegno che ci assumiamo oggi è quello di far sì (dopo il sopralluogo della Soprintendenza statale e un progetto per la messa a norma) che i lavori permettano al più presto la riapertura del Foyer che verrà destinato ad un punto informativo del Teatro di Roma e potrà essere utilizzato dalla Fondazione». Un’altra conquista, in questa labirintica e ambivalente battaglia che procede millimetro dopo millimetro, dopo l’esclusione del bando da parte dell’assessore Marinelli. All’inizio dell’estate il sindaco Ignazio Marino aveva persino evocato la «soluzione finale» per l’occupazione del Valle. Dunque il Campidoglio ha fatto marcia indietro.

I tempi per la riconsegna del foyer «saranno brevi» ha assicurato Sinibaldi. E ha aggiunto che la futuribile «convenzione» che darà alla fondazione la gestione del progetto sul «teatro partecipato» del Valle ha recepito alcuni elementi dell’autogoverno: il teatro -agorà, la formazione permanente, la drammaturgia contemporanea. «Ma siamo solo all’inizio» assicurano gli attivisti. Numerose le insidie: c’è il rischio che i beni comuni si trasformino in sussidiarietà orizzontale o che la fondazione lavori come ente subaffittuario del teatro di Roma.

La tensione accumulata durante l’autosgombero di domenica, evento forse unico nella storia dei movimenti sociali, si è sciolta nell’assemblea pomeridiana. Dalla malinconica immagine dei materassi caricati in macchina si è passati a un sollievo generale: «Mantenere l’occupazione fine a se stessa ci è sembrata poco interessante – afferma Ilenia Caleo– Non trattiamo sulla gestione, ma su un modello inedito di cogestione del Valle tra un’istituzione formale e una informale creata dal basso. Sarà un’istituzione ibrida di nuovo genere».

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