Vendere odio è un commercio che rende. Investi pochissimo in studi, riflessioni e ricerca, metti sul mercato una merce contraffatta e avariata, la proponi con slogan che colpiscono la pancia e l’attenzione, urli e prometti miracoli per venderla facile. Non applicabile a oggetti o beni di consumo correnti, l’ odio, che è una materia volatile e fa leva su sensazioni, antipatie, ansie, rancori, frustrazioni e impressioni, si adatta perfettamente a persone, idea di razza, nazionalità, religione, provenienze, usi e costumi. L’odio per i diversi, infatti, parte dalla convinzione che l’odiatore è usurpato e perfetto, assediato e in pericolo, puro lui e bestie gli altri.

Da qui a usare l’odio per farsi eleggere in parlamento, il passo è breve e può risultare molto redditizio. Se poi non mantieni le promesse, chi ti ha votato deve aspettare cinque anni prima di chiederti il conto. Sempre che se ne ricordi. A quel punto il venditore di odio avrà gioco facile a dire che se non sei soddisfatto non è colpa sua, ma di chi gli ha impedito di confezionare il pacchetto come si deve. In ogni caso, troverà un altro capro espiatorio per rinnovare il suo smercio di fuffa. Ogni riferimento alla campagna elettorale della Lega di Matteo Salvini è voluto.

Il venditore di odio è abilissimo a piegare l’evidenza a suo uso e consumo. I numeri non gli danno ragione come vorrebbe? Pazienza, cambia il modo di interpretarli, prende solo il pezzetto che gli interessa e li spara con una frase a effetto che ha molta più presa di un ragionamento complesso.
Le soluzioni dei problemi sono complicate e difficili? E chisseneimporta, il venditore di odio è bravissimo a fornire una ricetta facile facile senza spiegare, poi, se è praticabile e come.

Ci sono circa 600mila immigrati senza permesso di soggiorno? Rispediamoli tutti a casa domattina, però non diciamo che sono solo quattro i Paesi che davvero se li riprendono e che per tutti gli altri bisognerebbe stipulare degli accordi bilaterali che, come si sa, si fanno in due e non da soli. È dimostrato che l’accoglienza funziona se si mandano nei paesi gruppi piccoli e non a decine? Non diciamolo, così come non diciamo che in Italia solo mille comuni su ottomila fanno accoglienza.

Il venditore di odio non ama sottilizzare, distinguere, valutare, tutta robaccia per intellettualoidi dediti a masturbazioni mentali, mentre qui ci vuole un uomo forte che sa ottenere quello che serve con la voce grossa.
Certo, per riuscire a smerciare tutto ciò bisogna essere in due perché da che mondo e mondo il mercato si basa su domanda e offerta. Venditore e compratore devono quindi avere una certa complicità e tendenza a non farsi troppe domande.

È un po’ come quelli che, pur sapendo che certe merci sono prodotte sfruttando il lavoro di disperati senza altra alternativa, fanno spallucce e procedono con l’acquisto perché costa poco, così gli va, e «Se non lo faccio io lo fa qualcun altro, quindi tanto vale…».
Ma qui, attenzione, il pericolo che la farsa finisca in tragedia è concreto. Per questo consiglierei a Salvini e seguaci di leggere La storia di Elsa Morante là dove descrive il clownesco carro di Mussolini al seguito del mortifero carro di Hitler.

Se il romanzo gli sembra troppo lungo, fornisco le pagine, 45 e 46, così fanno meno fatica. Scrive Morante: «Fra i due sventurati falsari, diversi per natura, c’erano pure delle somiglianze inevitabili. Ma di queste, la più interna e dolorosa era un punto di debolezza fondamentale: l’uno e l’altro, interiormente, erano dei falliti e dei servi, e malati di un sentimento vendicativo d’inferiorità».

mariangela.mianiti@gmail.com