Kaunas è, per importanza politico-economica, la seconda città della Lituania ed è stata anche la sua capitale provvisoria (1920-1940) quando Vilnius fu occupata dalle truppe polacche dopo la dichiarazione di indipendenza dall’impero russo. Nel 1940 Kaunas fu invasa dalle truppe sovietiche e, nel 1941, da quelle tedesche che la dominarono fino al 1944 massacrando migliaia di ebrei: in quell’anno, la Lituania entrò a far parte dell’Unione Sovietica e, infine, proclamò l’indipendenza nel 1990.

LE VICISSITUDINI POLITICHE, i conflitti, le occupazioni continue e le ricognizioni storiche che alimentano un dibattito culturale fervente sono tutteracchiuse nel concept della 11/ma Biennale d’arte contemporanea di Kaunas. Stesso dibattito identitario che si è acceso (ed è ancora vivo) nella Germania dell’Est dopo la caduta del muro di Berlino. Questa rassegna, nata nel 1977 come investigazione artistica della regione baltica, si è man mano distesa in una narrazione più internazionale.

L’edizione 2017 è concepita in due sezioni distinte – There and not There, (IM)Possibility of a Monument – ed è disseminata negli spazi pubblici della città, con tre mostre nella Kaunas Picture Gallery. Il tentativo è quello di ridiscutere il concetto di storia, racchiuso nel monumento commemorativo, la sua rappresentatività, valenza metaforica e proprietà semantica. L’edificazione del monumento e la sua rimozione fiancheggiano la storia dei paesi dell’Est nel corso delle trasformazioni geopolitiche. L’intento della Biennale è quello di opporsi alla pratica populista di edificazione/rimozione monumentale per legittimare radicalmente nuovi concetti di rievocazione.

LA CURATRICE lituana Paulina Pukyte (e anche artista) ha dislocato i vari interventi site-specific all’interno del centro storico di Kaunas e nelle sue periferie più connotate, in un crogiolo di installazioni minimali e toccanti. Come è lo stesso suo intervento (sotto lo pseudonimo di Adina) fuori città Memorial Plaque to My Father in cui inserisce sul muro di recinzione di un cimitero ebraico, una vanga di ferro. Laddove, tra il 1941 e il 1944, più di 34mila ebrei, della numerosa comunità ebraica situata nel quartiere di Viljampolé, furono seppelliti dopo essere stati trucidati dalle truppe naziste. L’agghiacciante scenario delle tombe affastellate appare attraverso la recinzione che lo delimita ma che, come un memento, lascia libera la visione al passante.

Non meno agghiacciante è Recycled Memory di Horst Hoheisel e Andreas Knitz, installazione fotografica sui resti di quello che fu, durante l’occupazione sovietica, un monumento dei giovani comunisti – divelto nel 1991 con l’indipendenza lituana e utilizzato come cimitero cattolico. Nelle poche strutture restanti i due artisti hanno installato gigantografie, tratte dall’archivio storico del vecchio ghetto ebraico dato alle fiamme dai nazisti. Un senso di angoscia assale in questo tour che riattraversa la storia nella sua drammaticità.
Ancora a Viljampolé, in quella che ora è diventata Democraty Square, nel 1941 i nazisti radunarono la comunità ebraica del ghetto distribuendola in due file di cui, senza un criterio e con efferatezza, quelli di destra venivano lasciati andare e quelli di sinistra (9,200 uomini, donne e bambini) destinati all’eccidio. Nello stesso sito, dove ora sorge un supermarket, l’artista inglese Jenny Kagan ha realizzato una sorta di performance partecipativa per tutti gli avventori. Ogni cliente dopo aver fatto la spesa è alla mercé della cassiera che decide, discriminatamente, di infilare gli acquisti in uno shopper (realizzato dall’artista) con la scritta left o right.

A LARGO DI KAUNAS confluiscono i due fiumi Nemunas e Neris, qui la polacca Karolina Freino, ha dedicato il suo lavoro all’attivista ebreo-lituana Emma Goldman (1869-1940), iconica figura pre-femminista, che a lungo si è battuta per i diritti delle donne e per la giustizia sociale. L’installazione capziosa Confluence. A Monument to Emma Goldman consta di un faro viola posto in mezzo alle acque che lampeggia continuamente Living My Life, autobiografia di Goldman, tradotta in alfabeto Morse. La traduzione è solo online su www.goldman.bienale.Lt, puntando il proprio cellulare di fronte al faro. Non manca l’omaggio a George Maciunas che, insieme a Jonas Mekas, Emanuel Lévinas, Eimuntas Nekrošius e ai più giovani Šharuna Bartas e Žilvinas Kempinas, è motivo di vanto della cultura lituana. In un ufficio di assicurazione sociale statale di Kaunas, l’artista e musicista inglese Anton Lukoszevieze, ha piazzato una installazione sonora, George Maciunas. Music For Everyman, ispirata al fondatore di Fluxus che consiste in un gioco di sonorità e azioni. Chiunque, entrando nell’ufficio, interagisce con il ritmo, la frequenza e la durata del sound attraverso le proprie posture del corpo. Numerosi gli altri interventi tesi sia a spodestare lo spazio pubblico dalla sua routine sia a declinare la storia lituana in nuove forme e metafore.
All’interno della Kaunas Picture Gallery, tre preziose mostre si incastonano tra esse, riportando la centralità all’assunto (IM)Possibility of a Monument. Qui sono esposti lavori bellissimi come il ciclo di Sophie Calle Detachment (1996 ) sulla rimozione di monumenti politici e il riuso del loro spazio. Il video famosissimo Once in the XX Century di Deimantas Narkevicius, il filmato Heavy Weight History di  Christian Jankowski, A Dream of Warsaw di Artur Zmijewski e interventi di Plattform Geschichtspolitik (Eduard Freudmann, Chris Gangl, Tatiana Kai-Browne) oltre ai tantissimi artisti lituani, da Audrius Ambrasas, Coolturiste, fino a Ernestas Parulskis & Liudas Parulskis.