‎«Stefano sarebbe stato felice di vivere una giornata come questa, avrebbe visto che ‎i suoi sforzi sono stati ripagati. E lo stesso vale per Maurizio‎». Schiva di natura, ‎Antonietta Chiarini quasi si nasconde dietro lo striscione del “Comitato per non ‎dimenticare Sabra e Shatila” mentre risponde alle nostre domande. Il suo pensiero ‎va al fratello, Stefano Chiarini, giornalista e inviato in Medio oriente per il ‎manifesto scomparso prematuramente nel 2007, che assieme a Maurizio Musolino, ‎altro giornalista poco più che cinquantenne deceduto due anni fa, e ad amici e ‎compagni decise di tenere viva la memoria delle circa 3mila vittime del massacro ‎di Sabra e Shatila compiuto nel 1982 dalle milizie libanesi di destra con ‎l’appoggio dell’esercito israeliano che in quei giorni circondava i due campi ‎profughi palestinesi alla periferia di Beirut. Ci troviamo proprio nel memoriale ‎allestito nel campo di Shatila grazie all’impegno di Stefano. Palestinesi, libanesi e ‎decine di cittadini stranieri membri di delegazioni giunte dell’Europa e ‎dall’Oriente, partecipano alle commemorazioni di quel massacro di civili innocenti ‎per il quale nessuno ha mai pagato.‎

‎ Antonietta Chiarini, come tutti gli anni, assieme ad altre decine di italiani, è ‎parte della delegazione inviata a Beirut del “Comitato per non dimenticare Sabra e ‎Shatila”. Un viaggio per ricordare il passato ma che guarda anche al futuro dei ‎palestinesi, quelli sotto occupazione militare israeliana o che sono chiusi da 70 ‎anni in campi profughi. In particolare al loro diritto al ritorno nella terra d’origine ‎sancito dall’Onu ma minacciato da vecchie e nuove politiche degli Stati uniti e di ‎Israele che ora prendono di mira l’agenzia dei rifugiati Unrwa e anche dalle lotte ‎fra le varie fazioni politiche palestinesi. Tema su quale interviene Antonietta ‎Chiarini: ‎«Spero che le differenze tra le varie fazioni e partiti palestinesi possano ‎diventare una ricchezza per trovare una linea comune che permetta loro di avere la ‎forza di raggiungere il traguardo della libertà e della realizzazione del diritto al ‎ritorno». Sull’unità nazionale insiste anche Bassam Saleh, segretario del ‎movimento Fatah in Italia. «Shatila, Gaza, Khan al Ahmar (un villaggio beduino ‎in Cisgiordania che Israele intende demolire, ndr) sono tutti simboli della lotta dei ‎palestinesi per i loro diritti legittimi e che necessariamente deve tornare ad essere ‎unitaria, così come lo era in passato».‎

‎ Beirut ieri appariva vicina come non mai alla Striscia di Gaza. Nel giardinetto ‎del memoriale di Sabra e Shatila i presenti si scambiavano notizie e opinioni sulle ‎manifestazioni previste a Gaza per il 26esimo venerdì della Grande Marcia del ‎Ritorno cominciata il 30 marzo. Almeno 12mila abitanti di Gaza hanno ‎manifestato lungo le linee di demarcazione contro la chiusura israeliana. La ‎protesta è ripresa con forza in conseguenza del fallimento, ormai evidente, delle ‎trattative in corso al Cairo da settimane per un accordo di cessate il fuoco a lungo ‎termine tra Israele e il movimento islamico Hamas. Colloqui volti anche ad ‎allentare il blocco israeliano del piccolo territorio palestinesi. Le manifestazioni ‎sono destinate a crescere nelle prossime settimane e la risposta di Israele potrebbe ‎sfociare in una ampia offensiva militare su Gaza. Negli ultimi giorni almeno sei ‎palestinesi sono stati uccisi. Ieri la settima vittima, colpita dal fuoco dei soldati ‎israeliani in una giornata lungo le linee di demarcazione che ha vissuto momenti ‎drammatici nella fascia orientale della Striscia, in particolare all’altezza di al Burej, ‎Johr a Dik e Khan Yunis. Qui i manifestanti sarebbero riusciti, sia pure per pochi ‎secondi, a superare le barriere per poi rientrare a Gaza sotto il fuoco dell’esercito ‎che ha anche sparato su un posto di osservazione di Hamas dopo il ferimento di ‎un militare per lo scoppio di un ordigno. In serata il bilancio provvisorio delle ‎manifestazioni era, oltre al palestinese ucciso, di circa 300 feriti di cui 54 colpiti ‎da proiettili. Dal 30 marzo sono stati uccisi a Gaza almeno 183 palestinesi.‎