Tra il secondo dopoguerra e i decenni che abbiamo alle spalle, tra l’Italia e la Francia, tra l’oblio e il ricordo, questa indagine della storica Chiara Becattini analizza – mediante un approccio di carattere comparativo – come alcuni processi politici, sociali e culturali abbiano determinato la trasformazione subita da quattro campi di transito e concentramento che, da luoghi dimenticati quali erano, sono stati riscoperti e valorizzati.

Dalla Risiera di San Sabba a Drancy, da Fossoli a Struthof-Natzweiler la sua ricerca, intitolata La memoria dei campi (Giuntina, pp. 379, euro 18), mostra dunque come quei lager – un tempo fabbriche di orrore e morte – siano in seguito diventati fortunatamente ben altro.

VI SI È CERTO CONTINUATO a rendere omaggio ai deportati che non sono sopravvissuti alla reclusione ma vi si è altresì contribuito al recupero delle identità dei superstiti negli stessi anni in cui molti di questi ultimi cominciavano a descrivere la propria esperienza concentrazionaria potendo contare su un’attenzione sempre più vasta.

Si è trattato di due processi che sono andati – almeno in parte – di pari passo: al giorno d’oggi, di conseguenza, quei campi vengono considerati monumenti, luoghi destinati alla divulgazione della storia, spazi volti alla conservazione della memoria nonché alla formazione di una più matura coscienza civile.

MA QUANDO HA AVUTO LUOGO la trasformazione di cui si diceva? Sulla base di un’approfondita ricerca d’archivio e di un cospicuo numero di interviste, Chiara Becattini ne ha individuato il verificarsi nel corso degli anni Sessanta e Settanta.

Osserva, più in dettaglio, la studiosa: «Dapprima legati a una memoria specifica soprattutto politica, quella della Resistenza, inclusi poi nel tempo della memoria della Shoah posta al centro del ricordo collettivo, questi luoghi hanno riconosciuto ed espresso memorie plurali, esprimendo un cangiante universo di storie».

Fondamentale, in proposito, è quindi considerare gli spazi presi in esame come il risultato di un processo in costante divenire, sul quale hanno influito tanto alcuni fenomeni naturali quanto vari interventi umani. Ogniqualvolta ne è stata cambiata la funzione, ciascuno di loro ha acquisito nuovi segni che, insieme a quelli più antichi, lo hanno arricchito di molteplici rimandi e significati facendone così un vero e proprio «palinsesto».

L’AUTRICE passa poi a ricostruire le vicende dei singoli campi: ripercorre meticolosamente la storia dei vari lager, indaga sul ruolo che essi hanno svolto nell’elaborazione della memoria collettiva e cerca di configurarne gli sviluppi futuri.

Riguardo, per esempio, alla Risiera di San Sabba, emerge dalla sua indagine la complessità di un itinerario che ha fatto del campo triestino un cantiere aperto, dunque in costante divenire, in cui il visitatore viene messo nella condizione di comprendere le peculiarità della struttura nella quale si trova.

ANALOGAMENTE, a Drancy, la cosiddetta «stazione di smistamento umano» situata alle porte di Parigi, la stratificazione delle tracce ne attesta il mutamento da composito universo formato da numerose lapidi commemorative a luogo volto al ricordo e alla meditazione.