Daniele Coen, che per quindici anni ha diretto il Pronto Soccorso dell’ospedale Niguarda di Milano, in questo suo saggio intitolato L’arte della probabilità. Certezze e incertezze della medicina (Raffaello Cortina, pp. 242, euro 19) ci dà conto dell’incertezza della medicina, in quanto scienza che ha come oggetto di studio l’essere umano malato che mostra un elevato grado di variabilità nelle manifestazioni cliniche delle patologie che lo affliggono. Difficilmente due malati sono in tutto e per tutto uguali, e pertanto non si è mai sicuri che la malattia di cui ci stiamo occupando sia la stessa. Per converso, due soggetti non sono certo identici per il solo fatto di essere sani e i confini tra normale e patologico sono tutt’altro che netti.

L’ORGANISMO non è normale in sé e per sé, ma in rapporto alla sua congruità con l’ambiente che ha contribuito a crearlo attraverso la pressione selettiva. Nella maggior parte dei casi l’insorgenza di una malattia è il frutto dell’interazione tra il grado di esposizione all’agente causale e la suscettibilità dell’individuo su base genetica o come conseguenza di precedenti danni subiti. Andrebbe messa in discussione un’idea meccanicistica e riduzionistica della vita e più in generale dei processi biologici.
Il determinismo lineare (ho un disturbo, cerco la causa, la rimuovo, evito la malattia) non funziona sempre, perché il sintomo può anche essere determinato da meccanismi non conosciuti e imprevedibili. Inoltre, le malattie non sono determinate da un solo fattore e i sintomi possono regredire spontaneamente per un naturale adattamento dell’organismo. Così come sottolinea l’autore di questo saggio la guarigione spontanea di molte malattie fa sembrare efficace qualunque terapia sia stata somministrata prima che le cose comincino ad andare spontaneamente meglio.

SI DOVREBBE PRIVILEGIARE una concezione olistica nella quale le relazioni tra le diverse componenti sono più importanti delle singole parti. In questa accezione, la salute, la condizione di benessere è il prodotto di molteplici fattori di ordine biologico, psichico, culturale e sociale che interagiscono e cooperano tra di loro a rendere ogni esperienza umana unica.
La medicina non sfugge alla variabilità dell’esistenza in quanto le sintomatologie si presentano in modo diverso in ogni paziente e le risposte alle terapie sono variabili da soggetto a soggetto.
Scrive Coen nel suo libro: «La medicina tende ad avere una visione della malattia in bianco e nero e manifesta scarso interesse per le tante aree grigie che caratterizzano la pratica clinica quotidiana».

LA MEDICINA non è solo una scienza, quanto una disciplina complessa che ha per oggetto l’umano tanto in chiave biologica, quanto in rapporto alla sua condizione di essere sociale. Riflettere sul ruolo della medicina quale strumento di tutela della salute e della vita umana significa interrogarsi sul rapporto che intercorre tra questo diritto e l’interesse collettivo, nonché sull’essenza stessa del concetto di salute. Quest’ultima, infatti, dovrebbe essere sempre intesa come conservazione del benessere e dell’equilibrio psico-fisico della persona, e dovrebbe tenere conto del fatto che, nella ricerca della guarigione, il medico si muove tra differenti risorse terapeutiche, alle quali si può accedere a seconda della loro effettiva disponibilità.

L’ANATOMIA PATOLOGICA tradizionale ha insistito a lungo sulla specificità delle lesioni negli organi come carattere distintivo di ciascuna malattia. Con Louis Pasteur la prospettiva è cambiata: da un lato le cause esterne sono divenute tangibili e materiali, dall’altro è emerso un nuovo paradigma secondo cui a cause esterne specifiche corrispondono reazioni aspecifiche negli organi. Lo stesso modello è stato applicato con successo nello studio delle malattie degenerative: in particolare, nel caso del cancro, il modello tuttora accettato è quello di una serie di stadi successivi la cui attivazione può avvenire ad opera di agenti esterni. Le cause esterne intervengono a minacciare un equilibrio fisiologico garantito e mantenuto da un sistema regolativo a retroazione.

A complicare ulteriormente l’analisi, Coen ci ricorda come la sopravvalutazione del significato di un test diagnostico è uno degli errori più comunemente commessi dai medici e fa un esempio di estrema attualità sottolineando che la negatività di tre su dieci tamponi nasali per i coronavirus si fa attribuire ad un prelievo non eseguito correttamente.
Il messaggio da portare a casa per tutti, medici e pazienti, è che bisogna imparare a convivere con l’incertezza perché «se un approccio razionalistico ha indubbi meriti quali lo sviluppo della metodologia clinica, il rischio che porta con sé è quello di spingere i medici a immaginare il proprio mondo professionale come molto più razionale e sicuro di quanto sia in realtà».