Per l’informazione mainstream sono «negazionisti», «antivax» o più banalmente «complottisti». Eppure, al di là dell’etichetta double-face, non risulta impossibile ricostruire la matrice del “movimento” che la settimana scorsa a Berlino ha radunato 38 mila persone davanti alla Porta di Brandeburgo.

A cominciare dal nucleo di «400 neonazisti» (così il quotidiano della sinistra indipendente Taz) che ha guidato l’assalto al Reichstag, fino ai cosiddetti «infiltrati» tutt’altro che sconosciuti alle forze dell’ordine e all’intelligence federale, «dato che la connotazione di estrema destra e antisemitismo della manifestazione era evidente fin dall’inizio» (come fa notare il Tagesspiegel).

Sarebbe bastato, dunque, ascoltare la “Marcia su Berlino” scandita al ritmo dei tamburi, o tutti gli altri leitmotiv che hanno fatto da sfondo al raduno-simbolo per l’ultradestra nazionalista soprattutto italiana: dalla glorificazione dell’epoca nazionalsocialista ai soliti slogan della Npd, il partito dei nostalgici del Terzo Reich che in Germania non smette di essere celebrato nonostante sia ufficialmente proibito.

Problema che investe istituzioni e autorità prima ancora di chi partecipa alla mobilitazione anti-lockdown senza mascherine né distanza di sicurezza. Un caso di stretta competenza del Verfassungsschutz (il controspionaggio federale) che puntualmente “cade dalle nuvole” sopraffatto dall’ eterno effetto sorpresa. Anche della polizia che sabato scorso a Berlino ha schierato appena tre agenti a protezione del luogo simbolo della democrazia tedesca.

Colpa del tabù nazista che nella Bundesrepublik non è mai stato davvero innominabile e tantomeno represso come pure prevede la Legge fondamentale, equivalente della Costituzione. E così, nell’era del Coronavirus, in Germania sembra sufficiente astenersi dal «saluto a Hitler, non indossare felpe con scritto “18” oppure “88”, e rispettare la norma che vieta – se si possiede un auto targata Colonia (K) o Stoccarda (S) – che la seconda lettera possa essere la “Z” o un’altra “S” (per evitare, rispettivamente, l’acronimo di campo di concentramento e Ss).

Per il resto si fa quasi finta di niente. Anche se dietro ai vessilli della perfettamente legale Alternative für Deutschland sventolano le bandiere neofasciste della «Terza via» o del «Movimento identitario».

Più facile rubricare i manifestanti come «vegani» seguaci del cuoco Attila Hildmann che combatte «la sorveglianza di massa e il governo Merkel al soldo di Bill Gates», anche se a leggere ciò che scrive da mesi emerge la sua vera teoria secondo cui «gli ebrei stanno cercando di sterminare la razza tedesca attraverso la pandemia».

Ancora più semplice dimenticare di registrare come i capi del movimento “Querdenken-711” (fautori del «pensiero laterale») fondato a Stoccarda all’inizio dell’emergenza sanitaria non solo non hanno abbiano mai preso le distanze dall’ultradestra ma abbiano moltiplicato i contatti con la galassia neonazista.

Eppure, il dibattito sui “negazionisti” che affermano i valori dell’estrema destra sembra incardinato solamente sulla libertà di manifestare limitata dalla recente ordinanza del ministro degli Interni del Land di Berlino, Andreas Geisel (Spd), deciso a inasprire le regole anti-contagio dopo avere fallito nella protezione del Parlamento. Da qui la critica soprattutto della Linke, partner di governo nel Landtag della capitale: «Bisognava considerare soluzioni meno drastiche prima dell’evento. Si sarebbe evitata la spiacevole commistione nel dibattito tra i contenuti e i divieti» riassume Niklas Schrader, responsabile Interni della Sinistra.