È una seduta fiume, quella che al parlamento di Atene dovrebbe portare, salvo sorprese dell’ultimo momento, all’approvazione dell’accordo raggiunto martedì con i creditori. Il primo ministro Alexis Tsipras ha chiesto di accorciare al massimo i tempi, affinché la luce verde del parlamento ellenico arrivi prima dell’inizio della riunione dell’Eurogruppo, prevista per oggi.

Lo scopo è chiaro: al fronte interno (i dissensi della minoranza di Syriza, che non appoggia il nuovo memorandum di intesa), si è aggiunto quello esterno: i timori dei giorni scorsi hanno, purtroppo, trovato conferma. La Germania continua a sabotare l’accordo e a dirsi favorevole, come riportava ieri anche un articolo dei Financial Times, a un prestito-ponte di breve durata. Berlino si oppone a un accordo complessivo per i prossimi tre anni, perché ritiene che non sia stato analizzato e discusso abbastanza a fondo e ha imposto, a quanto sembra, che l’opzione del prestito-ponte venga discussa dall’Eurogruppo.

È esattamente quello che vuole evitare il governo Tsipras, perché in questo modo non si uscirebbe dal clima di incertezza che ha influenzato i consumi, ha aumentato le minacce di nuovi licenziamenti da parte dei datori di lavoro e fa temere, ora, un ulteriore aumento della disoccupazione. È per questo che il governo cerca di serrare i ranghi della sua maggioranza parlamentare. Il leader di Syriza ha sottolineato che dopo questo voto inizia la vera sfida, quella alle oligarchie, ai grandi evasori, a chi ha goduto troppo a lungo di privilegi e si è giovato della corruzione. Il ministro delle finanze Euclides Tsakalotos, da parte sua, ha dichiarato che «per l’anno in corso, ma anche per il 2016, non verranno chieste nuove manovre correttive».

Secondo quanto pattuito con i creditori, ad ottobre verrà annunciato un insieme di misure e di tagli, che in gran parte, però, entreranno in vigore da gennaio del 2017. Nel frattempo, si spera di riuscire a sostenere l’economia reale, anche attraverso un programma per lo sviluppo che la Grecia sottoporrà alla Commissione europea entro il prossimo marzo e che dovrebbe essere concentrato soprattutto sui settori dell’energia e dell’agricoltura.

Per quel che riguarda gli equilibri all’interno di Syriza, la situazione si sta facendo sempre più complessa. Tredici esponenti della Piattaforma di Sinistra hanno firmato ieri un documento con il quale chiedono «la creazione di un movimento contro il nuovo memorandum, contro l’austerità e che si opponga al commissariamento del paese». Nell’appello, che porta anche la firma dell’ex ministro per la riorganizzazione produttiva, Panajotis Lafazanis, si sottolinea che «la lotta che ha portato al trionfo del ’no’ al referendum del 5 luglio scorso, continuerà e vincerà». Secondo molti osservatori si tratta di un ulteriore passo – in vista del congresso di settembre – verso la scissione e l’uscita della minoranza dal partito. Fonti della presidenza del consiglio greca hanno commentato, infatti, che «Lafazanis ha scelto una via che non è quella di Syriza».

Tuttavia, anche all’interno della maggioranza che sostiene il primo ministro ci sono degli importanti distinguo. Diciannove membri del comitato centrale che non si riconoscono nella Piattaforma di Sinistra, con una dichiarazione comune hanno chiesto al governo di non approvare l’accordo con le istituzioni creditrici, dal momento che «verrebbe annullato il contratto sociale che Syriza ha proposto al popolo», aggiungendo che questo compromesso «contiene misure che distruggono ogni concetto di sovranità popolare e democratica». Parole che fanno ben comprendere quanto le acque siano agitate, quanto sia profonda la sofferenza politica ed umana, sia nella maggioranza che nella minoranza.
Il giovane leader della sinistra greca spera, ovviamente, di poter giocare la carta dell’alleggerimento del debito, con colloqui ufficiali che dovrebbero partire ad ottobre. Il governo di Atene, in questa fase, non parla più solo di taglio, ma anche, eventualmente, «di interventi che rendano realmente possibile il pagamento del debito», come ha dichiarato il vicepremier Jannis Dragasakis alla televisione pubblica Ert.

In aiuto di Tsipras, ieri, sono arrivati gli ultimi dati sul Pil del paese, che nel secondo trimestre dell’anno in corso ha fatto registrare un aumento insperato dello 0,8% rispetto ai primi tre mesi del 2015 e dell’1,4% su base annua. Una spinta, soprattutto a livello psicologico, che Tsipras e i suoi collaboratori più stretti cercheranno di usare al meglio, nelle prossime settimane, per cercare di far ripartire il paese.