Laicità e libertà religiosa sono due facce di una moneta che in Italia ha sempre faticato a circolare. In questo contesto, le persecuzioni subite dalla minoranza protestante per impulso dei vertici cattolici rappresentano un prisma per analizzare il problema della laicità nel suo sviluppo storico. Ci aiuta a fare ordine l’ultimo libro di Paolo Zanini, Il «pericolo protestante». Chiesa e cattolici italiani di fronte alla questione della libertà religiosa (1922-1955) (Le Monnier, pp. 296, euro 22).

L’ELEMENTO di maggiore interesse del testo è la capacità dell’autore di tenere in piedi una triangolazione tra le evoluzioni della polemica intra-ecclesiale contro il protestantesimo, la storia delle chiese valdesi e pentecostali e i posizionamenti del potere politico. Il libro, frutto di una lunga ricerca presso gli archivi ecclesiastici e civili, non trascura gli scambi tra centro e periferie, mettendo bene in luce come le ondate repressive investirono territori e soggetti diversi. Se prendiamo per esempio il primo periodo post-unitario, l’anti-protestantesimo di matrice cattolica fu utilizzato soprattutto per attaccare le radici del pensiero risorgimentale e liberale.

NELLA VISIONE antimoderna avallata da Pio IX, il pensiero di Lutero era considerato all’origine di una «genealogia dei mali moderni», che aveva causato la rivoluzione francese e il liberalismo anticlericale. Lo scontro si fece più duro dopo che l’unità d’Italia portò all’estensione della legislazione piemontese, che accordava una certa libertà religiosa ai culti evangelici e al loro proselitismo. Fino a raggiungere un primo apice all’inizio del Novecento, in coincidenza con il raddoppio della presenza protestante in Italia (circa 123mila unità, presenti soprattutto nelle Valli valdesi in Piemonte, e a Firenze, ma in forte espansione anche nel Mezzogiorno).

LA PARTE PIÙ CONSISTENTE della ricerca si concentra sul periodo fascista, quando la persecuzione dei protestanti si configurò come un’utile «pedina di scambio» per il regime e come un’opportunità per cementare il «nazionalismo cattolico». La convergenza non fu però né semplice, né immediata. Soprattutto nella fase iniziale, il regime intendeva mitigare l’ingerenza ecclesiastica sulla politica interna. Per questo motivo, nel 1929, al Concordato fece seguito la legge sui culti ammessi, che permetteva la «libertà di discussione religiosa». In particolare, Zanini si sofferma sui fatti di Villa San Sebastiano, località abruzzese dove nel 1931 era sorta una controversia tra vescovo e chiesa metodista.

L’occasione fu colta dalla Santa Sede per fare pressioni al fine di limitare al minimo il proselitismo protestante. Il punto di arrivo di questo processo fu la promulgazione della circolare Buffarini-Guidi del 9 aprile 1935, che vietava le pratiche di culto pentecostali, adducendo come motivazioni la tutela dell’ordine pubblico e la difesa della razza. Seguirono anni di violenze e carcerazioni, talvolta a causa della delazione di alcuni preti: storie sulle quali sarebbe stato interessante che l’autore si fosse soffermato di più, per metterne in luce la «carne viva».

LA GUERRA segnò una nuova escalation e, nel corso del conflitto civile, la repressione religiosa si sovrappose talvolta a quella dell’antifascismo. Più in generale, tutte le sparse comunità evangeliche del Mezzogiorno riavviarono le attività mano a mano che il paese veniva liberato dagli angloamericani. La repressione però non era finita. Zanini spiega dettagliatamente perché l’entrata in vigore della Costituzione non mandò in soffitta la legislazione fascista, pur mitigandone gli effetti. I vertici ecclesiastici e la destra democristiana convergevano nel portare avanti una polemica anti-protestante che veniva spesa ora a sostegno della «libertà» della Chiesa, ora contro il pericolo rappresentato dalle sinistre «laiciste», accusate di essere in combutta con gli evangelici. Nel corso dei primi anni 50, la circolare fascista fu gradualmente smontata da alcune sentenze della Corte costituzionale.

Sarà però necessario attendere la fine del decennio perché maturi un clima diverso, prima di tutto dentro la Chiesa, con l’ascesa al Soglio pontificio di Giovanni XXIII, ma soprattutto in una società sempre più secolarizzata. Venendo al tempo presente, sembra quasi «incredibile che manchi ancora oggi una legge sulla libertà religiosa, mentre resta in vigore la legislazione fascista sui culti ammessi, sia pure profondamente modificata». Retaggi di un passato che ha lasciato quantomeno segni molto profondi.