«Che cos’è la libertà?» è una frase che, pur non essendo mai pronunciata in Bad luck Banging or Loony Porn, aleggia in ogni scena, fin dalla prima inquadratura: un piccolo film porno amatoriale che una donna e il suo compagno girano in casa.

La libertà è fare l’amore come si vuole, dicendo quello che si vuole, infischiandosene della suocera che brontola nella stanza accanto. Ma cosa succede quando il filmetto finisce accidentalmente in rete? Succede che la libertà che si è presi si trasforma nel suo contrario, diventa una definizione in cui ogni membro della società si autorizza a far colare il proprio potere di giudice.

Ecco che la storia del piccolo video pornografico fa la vece di cartina al tornasole dello stato di salute della società.

D’altro canto, Bad Luck Banging non è per nulla un film che pontifica astrattamente. A renderlo concreto c’è il bel personaggio di questa professoressa che dall’oggi al domani si trova alla gogna, come è accaduto tante volte anche in Italia, dove i social media hanno fatto da amplificatore a quello che un tempo erano i benpensanti del villaggio.

IL FILM è diviso in tre parti. Nella prima – dopo il ménage domestico di cui abbiamo parlato – vediamo la nostra professoressa aggirarsi per la città, cercando di gestire, insieme alla vita di tutti i giorni, la grana che le è piombata addosso con la diffusione del video.

A questa prima parte, segue un segmento di tutt’altro tono. È una sorta di «Dizionario delle idee comuni» in cui, per associazione di idee, vengono illustrati i principi fondatori della società patriarcale e autoritaria: la famiglia, la Chiesa, l’esercito, la patria. E in ognuno di questi quadri, come in una sorta di elegia invertita, Radu Jude è molto abile a far emergere, con ironia flauberiana, il filisteismo, l’inconsistenza e l’ipocrisia di questi pretesi valori tradizionali.

Che rapporto ha con la storia della professoressa? Soprattutto, in che rapporto stanno, tra di loro, queste due cose? Lo si capisce bene nella terza ed ultima parte. E qualora non lo si capisse, anche se si trattasse solo del capriccio di un regista che, stanco di seguire la propria eroina (o il modo tradizionale di raccontare) volesse cambiare tono, genere se non argomento, il risultato sarebbe lo stesso riuscito.

La terza parte è un processo al tempo stesso spassoso e terribile, organizzato nel cortile del liceo dove la professoressa insegna (letteratura) perché, a causa del covid, non si può stare al chiuso. All’ordine del giorno c’è la moralità dell’insegnante, giudicata davanti ad un’assemblea di genitori.

Radu Jude ha detto che il film gli è venuto in mente discutendo con alcuni amici di un caso realmente avvenuto. Ed in effetti il processo esemplifica la banalità del male, ovvero la difficoltà di pensare con prudenza e ragionevolezza. Perché nel giudizio vengono soprattutto fuori i pregiudizi di chi crede di saper pensare.

Rado Jude ne riunisce tutta una galleria: il generale dell’esercito, il rom «parvenu» (come lo avrebbe definito Hannah Arendt), la coppia omosessuale, la borghese tradizionalista…

VOLTI della Romania di oggi o tipi umani fin troppo tipici, a tratti grotteschi. Tutti perfettamente convinti di essere legittimati a giudicare la professoressa, a rinchiuderla dentro un’identità togliendola al semplice e generico status di persona. Il risultato è una catarsi al tempo stesso gioiosa e inquietante.

Al centro del cortile, c’è la statua del celebre poeta rumeno Mihai Eminescu, padre della lingua rumena. Per Jude, si tratta di un’altra occasione per sfatare un’idea comune. «Dovrebbe insegnare ai nostri figli le poesie del fondatore della nostra lingua», dice con fierezza uno dei genitori. «Lo faccio – risponde l’insegnante – ma lei le ha lette veramente le poesie di Eminescu ? Conosce le sue liriche libertine?».

TUTTO il cinema di Jude, dal primo Cea mai fericita fata din lume (La ragazza più felice al mondo, 2009) in poi, è una radiografia dell’idea di sé che la Romania si è costruita dopo gli anni di Ceausescu. Bad Luck Banging or Loony Porn non fa eccezione.

Ma la forza del film è meno in quello che afferma che nella forma con la quale riesce a tenere insieme, in un solo respiro e con ironia irresistibile, la semplice vita di un’insegnante e un’impietosa satira sociale.