Marilena Renda ha abituato chi la segue, sia nella sua produzione poetica sia in quella in prosa, a impercettibili movimenti semantici capaci di rapide e improvvise illuminazioni che fanno della sua poetica un luogo estremamente prezioso e raro all’interno del panorama letterario italiano. L’autrice di Erice mantiene infatti in ogni sua nuova produzione una tensione e un equilibrio all’interno di un lavoro di ricerca e sperimentazione che non sfiora mai il gesto estetico e ancor meno l’azione narcisistica. Un equilibrio chiaramente fragile e che richiede attenzione e cura, una forma di coinvolgimento che è elemento essenziale di una lettura realmente piena, densa ed emotiva.

CON REGALI AI FANTASMI (Mesogea, pp. 128, euro 14), la scrittrice costruisce così una narrazione sulla scomparsa e sulla sua stessa premonizione, un gioco di specchi compiuto con grazia all’interno di quel territorio sempre ambiguo che è la famiglia, in questo caso intesa non solo nei suoi elementi parentali, ma anche rispetto ai luoghi, alle ombre che danno e tolgono forma, agli oggetti e ad una quotidianità passata e per certi aspetti immaginata.

ELEMENTO GUIDA del breve romanzo è il rapporto tra Elena, protagonista del ritorno a casa, e Vittoria, la sorella disabile ancorata con la sua diversità ai luoghi del passato – elemento di rottura con il passato stesso e con le sue dinamiche calcificate nella memoria al punto da essere rese da Elena inoffensive eppure sempre a rischio di esplosione. Marilena Renda compie una continua ricognizione attorno al rapporto tra le due sorelle esponendo la voce narrante di Elena alle contraddizioni della memoria, un movimento in cui il corpo diviene la trincea di una battaglia tra memoria e desiderio dentro alla quale il dolore si scioglie in una forma di commozione condivisa pur nelle sue inevitabili asprezze.

Da un lato l’autrice sembra cogliere la lezione di Gesualdo Bufalino al meglio, anzi ridefinendola in maniera personale e totalmente indipendente, dall’altro è invece la forza dell’immaginario, della visione che caratterizza la sua narrazione a tratti filmica che ricorda non a caso nei temi come nei luoghi lo stoicismo sentimentale dell’ultimo Manoel de Oliveira quello che da Ritorno a casa affronta il tema del passato come elemento irrinunciabile del presente.

IL PASSATO SI PALESA nell’impiglio: la memoria si contraddice e trasforma il presente stesso generando una rotazione dentro alla quale la voce narrante si scioglie all’interno della relazione tra le sorelle. Un movimento che fa di Vittoria lo specchio dell’inciampo di Elena costretta a fare i conti con le continue stratificazioni di se stessa.
Un passaggio  che porta Elena oltre il passato e all’interno di un fuori tempo in cui i ricordi sono presenze magmatiche impalpabile eppure affilate. Regali ai fantasmi restituisce così in una narrazione familiare e claustrofobica il ritratto di un tempo appiattito e costretto ad un’ossessione in perenne e costretto abbandono.