]Il Sud Africa ha perso il suo leader per eccellenza e il mondo l’ultimo dei pochi illuminati che abbia mai conosciuto: Nelson Rolihlahla Mandela – l’uomo e la leggenda, la tempra del combattente e il carisma della saggezza al servizio della dignità umana a costo della libertà personale – è morto all’età di 95 anni il 5 dicembre nella sua casa di Johannesburg adibita a reparto di terapia intensiva dopo una lunga agonia che lo aveva tenuto lontano dalla sua gente per mesi e mesi ormai.
A guardare la storia passata e recente del Paese – dalla dominazione europea attraverso il periodo di segregazione dell’apartheid fino alla recente democrazia – emerge lucidamene quanto al suo cospetto gli altri capi di stato siano stati e siano semplici funzionari statali, giusto politici con mansioni direttive. Mai come in questo caso la retorica verbale e morale decade miseramente al suono di ogni singola parola ed espressione che cerchi di immortalare chi un segno indelebile nella sua terreneità lo ha già universalmente lasciato ed anzi, l’ars retorica, appare persino incapace di rendere la grandezza di spirito di un uomo magno.
Eppure, a voler capire quali scenari nuovi, e forse inaspettati, si aprono per il nuovo Sud Africa, bisogna cercare e discernere proprio tra le pieghe nascoste delle dichiarazioni incipriate e imbellettate tirate fuori dal cassetto per l’occasione da politici e autorità di ogni sorta a cui spetta ora traghettare, non più all’ombra rassicurante di Madiba, un Paese alla ricerca di una nuova identità che solo puo’ nascere da un’assunzione piena e concreta di responsabilità. A dissipare ogni previsione apocalittica sulla Rainbow Nation usando parole invece non pre-cotte ma dirette è stata la «coscienza morale del Sud Africa» che questa espressione coniò in occasione delle elezioni presidenziali del 1994, vale a dire Desmond Tutu. «Cosa succederà ora che nostro padre è morto? Ci aspetta forse un disastro apocalittico? Il sole domani sorgerà ancora e anche il giorno dopo e quello successivo. Non brillerà come ieri ma la vita va avanti». Bollando le analisi di chi teme che il Sud Africa senza Mandela andrà in fiamme come tentativi di screditare i sudafricani e l’eredità di Nelson Mandela.
Un Desmond Tutu visibilmente emozionato durante la conferenza stampa ha raccontato come e quanto Mandela incarni e rispecchii la bontà collettiva dei sudafricani, le loro speranze e sogni simboleggiando l’enorme potenziale della Nazione Arcobaleno mai pienamente realizzato. Mandela «questo terrorista che oggi è considerato in tutto il mondo, senza eccezioni, un’icona incredibile, simbolo di riconciliazione , di perdono e di magnanimità, ci ha dato lezioni straordinariamente pratiche di perdono, compassione e riconciliazione».
«Non era un santo Madiba», ha continuato Tutu, «se un santo è del tutto impeccabile, ma è stato un santo perché ha ispirato gli altri con forza». E tra le debolezze di Mandela «la sua fedeltà incrollabile alla Anc e di alcuni dei suoi colleghi che alla fine lo hanno deluso». «La leggenda non c’è più» aveva dichiarato l’African National Congress (Anc) all’annuncio della morte del suo leader.
«Il Sud Africa ha perso il suo colosso di umiltà, uguaglianza, giustizia e pace. La sua vita ci dà il coraggio di andare avanti per lo sviluppo e il progresso verso l’eliminazione della fame e della povertà». Parole che sembrano il manifesto di un programma elettorale postumo dopo vent’anni ininterrotto di potere.
A sottolineare invece il ruolo fondamentale di Mandela nel processo verso la costruzione di un Paese unito all’indomani di un regimo progettato per la creazione di politiche di segregazione strutturate a livello educativo e sociale oltre che economico è stato De Klerk, ultimo presidente bianco del Paese. In un’intervista alla Cnn ha riconosciuto come il più grande merito di Nelson Mandela sia stato quello di unificare il Sud Africa e spingere per la riconciliazione tra neri e bianchi nell’era post-apartheid.
«Era un grande unificatore e un uomo molto, molto speciale in questo senso al di là di ogni altra cosa che egli ha fatto. Questa enfasi sulla riconciliazione è stata la sua più grande eredità». Un essere umano che è riuscito a capire e calmare i timori di minoranza bianca del Sudafrica nella transizione verso la democrazia, ha aggiunto De Klerk, sotto la cui presidenza Mandela fu finalmente rilasciato da prigione e che con lui intraprese il processo di negoziazione per la fine del regime di segregazione bianco.
Mandela e De Klerk sono stati entrambi insigniti del Premio Nobel per la Pace nel 1993 per aver posto fine al regime della minoranza bianca e per aver gettato le basi della democrazia in Sudafrica .
A far ancor più onore a Madiba, la decisione di volere De Klerk come uno dei due vice-presidenti del suo governo dopo la vittoria di Anc alle storiche elezioni del 1994.