«Poletti: in due mesi 79mila contratti a tempo indeterminato in più» (Il Sole 24 Ore). «Poletti: Un milione di posti di lavoro? Un “numerone”, ma ci sono sintomi”» (Ansa), «Poletti, 79mila contratti a tempo indeterminato in soli due mesi» (la Repubblica). «Lavoro, in due mesi più 79 mila contratti a tempo indeterminato» (Corriere della Sera). «Renzi: “Lavoro, in due mesi più 79 mila contratti a tempo indeterminato”» (Il Giornale). Oltre a «Il Manifesto», che ha titolato in prima pagina sulla ben più significativa notizia del «niet» di Poletti sul reddito minimo, venerdì 27 marzo l’unica testata a mettere in dubbio i dati del governo sull’occupazione è stato «Il Fatto»: «Lavoro, 79mila contratti stabili in più nei primi due mesi. Ma pochi “nuovi assunti”», questo il titolo. I primi argomentati dubbi sulla verosimiglianza dei dati del governo sono stati avanzati da Luca Ricolfi domenica scorsa sul Sole 24 ore. L’editorialista invitata Renzi e Poletti ad una maggiore «trasparenza». Stampa e regime, recita il titolo della nota rassegna stampa di «Radio Radicale». Dall’inizio della crisi, i dati sull’occupazione rappresentano un campo di battaglia sul quale il binomio si è espresso in maniera ricorrente. Prima dell’ultima clamorosa smentita da parte dell’Istat e del ministero del Lavoro, è rimasta celebre una sfuriata dell’ex ministro Saccomanni. In ballo ci sono sempre percentuali minimali sulle quali ogni governo si gioca la credibilità. Un bene che manca drammaticamente.

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Renzi, la Waterloo dell’occupazione