La legge di depenalizzazione dell’aborto in Francia ha compiuto ieri 40 anni. Il 26 novembre ’74, la ministra della sanità, la centrista Simone Veil, ha difeso in una seduta-maratona la legge che porta il suo nome, di fronte a un’assemblea dove le donne parlamentari erano solo 9 contro 469 uomini, molti dei quali si sono distinti per interventi di rara violenza (fino ad arrivare ad accusare Simone Veil, che era stata prigioniera in un campo di concentramento e che aveva avuto la famiglia decimata, di difendere una legge “nazista”). Per celebrare questa data, che porterà alla promulgazione della legge il 17 gennaio ’75, ieri l’Assemblea ha votato ad ampia maggioranza un testo simbolico, che riafferma il “diritto fondamentale” all’interruzione volontaria della gravidanza. L’anno scorso, è stata soppressa dal testo di legge la clausola che richiedeva di provare una situazione “di grande difficoltà” per poter accedere all’interruzione di gravidanza. Ma le discussioni all’Assemblea erano state dure per l’allora ministra della parità, Najat Vallaud-Belkacem, in un clima sociale esasperato dalle manifestazioni reazionarie contro il matrimonio omosessuale. Del resto, nel testo-simbolo votato ieri il Ps ha dovuto cancellare i riferimenti alla “necessità di garantire l’accesso delle donne ai diritti sessuali e riproduttivi” (peraltro riconosciuti in numerosi trattati internazionali): la destra vi ha visto un’apertura verso la procreazione medicalmente assistita o l’utero in affitto, atti a cui intende bloccare la legalizzazione in Francia.

La legge-simbolo francese non è solo un esercizio di commemorazione. Nella Ue, l’aborto è ancora proibito a Cipro e a Malta, mentre è stato di recente a rischio in Spagna ed è sottoposto a molte limitazioni in Irlanda, Polonia e Lussemburgo (e il papa ha infilato una condanna dell’aborto nel suo discorso di martedi’ al Parlamento europeo). In Francia, ci sono dei problemi pratici. Il numero di interruzioni volontarie della gravidanza resta da anni più o meno stabile, intorno ai 200mila atti l’anno (nel ’74, Simone Veil aveva parlato di 300mila casi, con 300 decessi l’anno a causa delle condizioni della clandestinità, una donna poteva essere punita con il carcere dai 6 mesi ai 2 anni). Ultimamente, più di un centinaio di centri sono stati chiusi: medici che si appellano alla clausola di coscienza o che comunque sono sempre meno impegnati a favore di questo atto considerato poco valorizzante, ospedali che tagliano i fondi ecc. Con Hollande, ci sono stati pero’ alcuni miglioramenti. L’interruzione volontaria di gravidanza è ormai rimborsata dalla Sécurité sociale al 100% (cosi’ come la pillola per le minorenni) e per gennaio la ministra della Sanità, Marisol Touraine, promette misure per “migliorare l’accesso all’Ivg sull’insieme del territorio”. A causa delle difficoltà e dei ritardi nell’accettazione ospedaliera – l’aborto è legale solo entro le 12 settimane di gravidanza – ci sono ancora delle francesi costrette ad andare all’estero per un’interruzione volontaria.