C’è ben altro che «Io voto No»: la Lega getta il guanto di sfida all’intera destra italiana, e Matteo Salvini si candida a guidarla. Presto, dal 5 dicembre, dall’indomani del referendum costituzionale. «Se vince il No – detta la linea dal palco il governatore lombardo Bobo Maroni – Renzi deve andare a casa, non c’è possibilità di trucchi, inciuci, Nazareni bis o governi di scopo».

A ruota Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia: «Se poi Mattarella dovesse rivelarsi un Napolitano qualunque e dovesse impedirci di votare, noi vi chiameremo alla mobilitazione, perché l’Italia non può permettersi il quarto governo non eletto dai cittadini». «Se voi ci siete, io ci sono», risponde Salvini a chiusura della manifestazione, rivolto alle migliaia di manifestanti che hanno affollato Santa Croce.

Cartoline non solo padane dalla grande piazza di Firenze, scelta già in estate a Pontedilegno per saggiare l’appeal leghista sotto la linea gotica. E’ il successo di una mobilitazione che ha visto pullman partire anche da regioni meridionali come la Calabria. E la Toscana, dove alle regionali la Lega ha raggiunto per la prima volta il 15%, è diventata palcoscenico per avviare, con le parole di Salvini, «una lunga marcia».

Il cammino progettato per lanciare la leadership del Matteo con la barba sulla destra italiana è stato agevolato da un doppio colpo di fortuna politica: l’effetto Trump e la freschissima caduta del sindaco leghista padovano Bitonci ad opera di una rivolta, sancita dal notaio, di consiglieri anche forzisti. Per giunta alla vigilia di una convention con Stefano Parisi, il candidato dell’ala cosiddetta moderata dei berluscones.

In piazza arriva l’eco delle parole di Parisi nella città di Sant’Antonio («Noi non siamo quella roba che è a Firenze oggi»). Ancor più della replica leghista – «Sfigati» – le parole del manager muovono la risposta di Giovanni Toti. Il presidente ligure, che è fra i numerosi oppositori (Brunetta, Santanché, Matteoli ecc.) della leadership Parisi dentro Forza Italia, replica dal palco con equilibrio per non far arrabbiare l’ex cavaliere: «A parte Bitonci che è un amico – avverte Toti – questo è un paese dove non c’è rispetto per il voto dei cittadini. Il governo Berlusconi è stato mandato a casa con una truffa, i tre governi successivi non hanno avuto legittimazione popolare. Non deve esserci un governo non votato dai cittadini».

Alle orecchie di una piazza tappezzata di bandiere, striscioni e labari di San Marco, non dispacciono nemmeno i ragionamenti sulle legge elettorale, provocati da un’intervista a Berlusconi che si dice fan del proporzionale: «Bisogna pensare a una legge che recuperi una base proporzionale – osserva Toti – ma che abbia anche un premio di maggioranza per garantire di governare». Più diretto Salvini: «No al proporzionale per inciuciare meglio». Anche Maroni: «E’ la legge dell’inciucio».

Quanto alla leadership della destra, gli interlocutori chiedono le primarie. Lo dice Giorgia Meloni dal palco, lo fa sapere a distanza Raffaele Fitto. Per certo Salvini ha fretta: «Non è più tempo di tentennamenti, dubbi, paure». E Maroni: «Siamo qui per lanciare un messaggio forte all’interno della coalizione o di quello che rimane: Salvini si candida alla leadership di un centrodestra che interpreta bisogni ed esigenze, e dà risposte concrete e coraggiose». Come la difesa «dei nostri sindaci che dicono no all’accoglienza dei migranti». Quanto coraggio.

«Io da domani porto in giro per l’Italia questa piazza – chiude Salvini – noi si parte». E Meloni anticipa: «La settimana prossima con Toti e Salvini saremo a Genova, poi a Roma e a Napoli». Nel mentre i 500 antifascisti che sfilano per il quartiere di Santa Croce guardati a vista da altrettanti agenti, e che pure contestano «la schiforma», prendono le distanze dal cosiddetto «fronte del No»: «Negli ultimi 30 anni la Lega è sempre stata al governo o quasi, per questo la sua posizione sul referendum è strumentale e opportunista. In realtà vogliono ritagliarsi uno spazio di governo dividendo gli italiani dagli immigrati che scappano dalla guerra. Soffiano odio e spingono al conflitto tra poveri. Noi siamo qui a smascherarli».