Ci sono circostanze in cui intoppi e difficoltà temporanee rivelano in seguito opportunità di cui si intende il senso nel momento del loro accadere. È quello che è capitato a noi del Premio Sila ’49 nella recente Settima Edizione, che ha avuto la sua conclusione nel mese di novembre: per questioni logistiche allora irrisolvibili abbiamo dovuto rimandare a data incerta il conferimento di uno dei premi stabiliti dalla Giuria.

Accanto ai premi a Francesca Melandri per il romanzo Sanguegiusto, alla filosofa Donatella Di Cesare per il saggio Stranieri residenti e a Ferdinando Scianna alla Carriera, la Giuria avrebbe voluto dare un premio speciale alla memoria di Alessandro Leogrande. Faremo oggi la manifestazione che non abbiamo potuto fare in autunno, perché non ce ne siamo dimenticati . Abbiamo il momento in cui far convergere i testimoni affettuosi dell’opera di Leogrande e soprattutto avere con noi la madre alla quale consegnare il nostro piccolo riconoscimento: il 4 giugno.

Alessandro è stato uno dei veri grandi intellettuali del nostro tempo. Nella sua breve esistenza ci ha raccontato, con passione, rigore e un uso sublime della parola, con ricerche sul campo e studi approfonditi, le storie e le ragioni degli sfruttati e degli invisibili, delle vittime e dei carnefici, attraverso il suo strumento preferito, il reportage narrativo.

Se ne sappiamo di più sui mali del meridione e degli altri luoghi del mondo dove si consumano ingiustizie, è per i suoi scritti sulle nuove mafie, sul caporalato, sui braccianti e gli operai, sulle contraddizioni e le fragilità della sua Taranto, e soprattutto sulle storie dell’esodo e della frontiera, sulle vite di uomini e donne che fuggono da guerre, morte, carestie e dittature, sulla loro umanità, sulle loro sofferenze e sulle ragioni profonde che generano questi movimenti inarrestabili della Storia.

Sarebbe stato coerente nel discorso circolare tra premiati che ogni anno cerchiamo di imbastire nella nostra manifestazione (è questo il vero scopo del Premio) portare testimonianza del lavoro di Leogrande, intrecciare i temi della sua opera intera con la passione civile e intellettuale di Donatella Di Cesare, con la storia scomoda del bellissimo romanzo di Francesca Melandri che ha indagato le radici del razzismo degli italiani, con lo sguardo del fotografo umanista Ferdinando Scianna e il suo racconto del mondo.

O che il lavoro di Alessandro sulla Frontiera entrasse nel discorso della filosofa Di Cesare sugli Stranieri residenti – gli abitanti della terra, per la Torah, sono tutti stranieri e residenti, ci ha spiegato l’autrice – in occasione del dialogo pubblico che ha avuto qui da noi con Mimmo Lucano, che nel mese di novembre era stato appena esiliato dalla sua Riace, era nel pieno – nel bene e nel male – del clamore mediatico e manteneva intatta la sua forza di simbolo positivo.

Ma novembre ora ci sembra incredibilmente lontano, molte cose sono accadute nel Paese che proviamo a decifrare con il nostro piccolo e tenace avamposto di resistenza civile. Ancora frastornati dalla violenza della campagna elettorale appena conclusa e dai suoi esiti, capiamo che è meglio dedicare ora la nostra giornata a Leogrande, ora che anche Riace appartiene alla Lega, e quella utopia (per il momento) sembra distrutta. Ci sarebbe piaciuto sentire la sua voce limpida sulla faccenda, sapere come avrebbe indagato, interpretato la complessità dei fatti e raccontato lui la storia della rinascita di Riace, la storia delle storie delle persone che la popolavano e la sua programmata e inesorabile disarticolazione. Invece, nella caciara del giornalismo di regime, sentiamo voci roche e grasse esultare, dileggiare e inneggiare al voto democratico che rimette a posto le cose, e liquidare le vicende di Riace nel modo ormai consueto e facile per chi scrive e per chi legge: semplificando. Bocciata la retorica del buonismo!

Eppure, nella Calabria dove il politico più votato alle europee è Matteo Salvini, c’è anche altro, molto altro. Il 20 maggio, nel giorno del compleanno di Alessandro, la Fondazione Feltrinelli ha organizzato la manifestazione “Cento scuole per Leogrande”, un invito a docenti e studenti a lavorare sulle sue opere con una testimonianza sul lavoro fatto. Ho assistito, nella libreria Feltrinellli, con stupore e gratitudine, alle riflessioni dei ragazzi del Liceo Telesio di Cosenza sull’opera “La Frontiera”, alla profondità delle loro considerazioni, al racconto delle loro emozioni in seguito alla lettura, alla nascita di una nuova consapevolezza dell’altro. I ragazzi hanno scoperto nel racconto di barconi, di mare e torture e prigionie, le storie delle persone, l’umanità dei singoli individui, l’unicità delle loro vite, così diverse, così piene di difficoltà inimmaginabili per un adolescente italiano eppure così uguali nei desideri, nelle aspirazioni e nella ricerca di un luogo dove finalmente sentirsi a casa.
Saremo nelle sale di Palazzo Arnone, a Cosenza, ad ascoltare Tomaso Montanari, Nadia Terranova e Emanuele Trevi raccontarci “La frontiera e l’umanità per Alessandro Leogrande”.
*Direttrice Premio Sila ’49