Vivo, gran parte dell’anno, in un condominio che tempo fa decise di installare una lavanderia condivisa, che significa avere una lavatrice per circa venti famiglie. È una prassi diffusa all’estero e quasi assente in Italia, pensata per risparmiare spazi e acquisto di elettrodomestici, ma che richiede una certa organizzazione dei bucati e, soprattutto, una gestione comune rispettosa delle varie esigenze.

Per evitare ingorghi e discussioni, all’epoca il condominio stabilì dei turni e così ognuno sapeva se poteva fare il bucato il lunedì mattina piuttosto che il giovedì pomeriggio.

Tutto è filato liscio finché tale casa, che si trova nel Ticino svizzero, ha cambiato abitanti e dalla specie di comune di un tempo è diventata meta di vacanze che si svuota, più o meno, in inverno e si riempie in estate.

Da questa mutazione i turni sono saltati e ognuno lava quando gli pare, creando ogni tanto ingorghi e, soprattutto, svelando caratteri, attitudini e maniacalità varie. Poiché la lavanderia è collocata a piano terra, può succedere che tu vai giù con le tue cose sporche e trovi l’elettrodomestico occupato. Allora lasci lì la cesta, guardi quanti minuti mancano alla fine del lavaggio, torni su, metti il timer, ridiscendi appena questo suona, carichi, torni su, rimetti il timer, torni giù quando questo ha finito. Non è la cosa più comoda della terra, però è una seccatura sopportabile in confronto ai veri problemi della vita.

TUTTO FILA più o meno liscio finché non arriva una sconsiderata che prima ancora di depositare le valigie corre a lavare qualcosa, colonizzando la povera lavatrice per ore al giorno e costringendo gli altri abitanti a fare dei veri e propri appostamenti per fregarla sul tempo. Sospetto sia affetta da una grave fobia per i microbi perché lava tutto (tende, lenzuola, cuscini, vestiti, tovaglie) sia quando arriva sia prima di partire, come se volesse ripulire la sua vita da qualcosa di profondo ma, non riuscendoci, si sfoga sulla biancheria.

Quando la vediamo arrivare sappiamo che dovremo soffrire per mettere le mani sul prezioso elettrodomestico. Per fortuna, ogni tanto la sorte si vendica. Pochi giorni fa questa infatuata del detersivo ha infilato nell’oblò solo una canottiera e una braghetta, cinque chili di portata per trenta grammi di abiti, una follia, soprattutto in un’epoca in cui si raccomanda di risparmiare acqua, elettricità e detersivo per non inquinare.

L’ho intimamente molto insultata, ma ci ha pensato il destino a punirla perché i due indumenti, bianchi bordati di verde, hanno stinto e sono usciti tutti maculati, come ben sanno quelli che sbagliano temperatura e divisione dei colori.

NON E’ BASTATO Due mattine fa, per non subire i suoi diktat, sono scesa in lavanderia alle sei del mattino. Torno giù appena il timer mi avverte che il ciclo è finito e trovo il mio bucato tolto dal cestello che sta già lavando un carico della maniaca. Salgo, stendo. Mancano una salvietta e un reggiseno. Aveva una tale fretta di lavare le sue tre mutande, quella là, che non ha nemmeno guardato se aveva levato tutto.

Allora ridiscendo, guardo quanto tempo manca alla fine, risalgo, metto il timer, ridiscendo. L’invasata aveva già portato via il suo bucato, compresi i miei pezzi mancanti, e ricaricato con una tovaglia. Per essere così rapida, o il suo timer è più performante del mio, o lei va su e giù in anticipo, neanche dovesse prendere un treno.

Ho deciso, è un caso clinico e io mi sottraggo. Laverò la prossima settimana, quando lei se ne va.

Cari lettori, Habemus Corpus va in vacanza. Ci ritroviamo a settembre. Buon tutto.

mariangela.mianiti@gmail.com