Tre giorni di guerriglia. Ieri solo l’anticipo, con il discorso più chiaro e insieme più animoso che Silvio Berlusconi abbia mai tenuto sulla sua sorte giudiziaria, da quando in estate è diventata definitiva la condanna che lo porterà con ogni probabilità a dover lasciare il parlamento questa settimana. La seduta sulla decadenza è fissata per mercoledì al senato. Con una richiesta di tornare al voto segreto i berlusconiani cercheranno di rimandare un po’ il momento della verità. Ma non potranno guadagnare troppo tempo. Il governo è intenzionato a mettere la fiducia sulla legge di stabilità, malgrado il vicepremier Alfano abbia chiesto a Letta di non farlo. Dunque mercoledì l’aula potrà passare al voto su Berlusconi. Quel giorno il Cavaliere ha già convocato la piazza. Ma già da domani i suoi cercheranno di portare il panico in parlamento.

Passati quattro mesi dalla condanna in forza della quale Berlusconi sarebbe dovuto decadere «immediatamente», a Forza Italia – che nel frattempo prevedibilmente passerà all’opposizione non votando la legge di stabilità – restano poche carte da giocare. I senatori cercheranno di riproporre la questione della camera di consiglio della giunta violata dai post del senatore grillino e di altri, ma il presidente Grasso ha già risposto che quella questione è chiusa. Allora proveranno a insistere con il voto segreto. Potranno farlo nell’ordine del giorno che proporrà di respingere la proposta della giunta (che è quella di non convalidare l’elezione del senatore Berlusconi) ma anche con una richiesta successiva di almeno venti senatori. Grasso dovrà in ogni caso organizzare una risposta.
Altra mossa possibile è l’elezione a sorpresa di Berlusconi a capogruppo dei senatori – l’assemblea del gruppo è convocata per domani sera, a questo punto la nomina assumerebbe il valore di un estremo gesto di solidarietà. Domani potrebbe esserci anche la diffusione alla stampa di quelle «carte americane» che il Cavaliere e i suoi avvocati non hanno prodotto in più di dieci anni di processo, ma che adesso considerano in grado di smentire le tesi della condanna. Si sa già che conterrebbero la prova che Farouk – Frank – Agrama , che a Milano e poi in Cassazione è stato considerato il socio occulto di Berlusconi nell’operazione di creazione di fondi neri sulla compravendita dei diritti televisivi, agiva in realtà su mandato scritto della Paramount. Secondo i legali di Arcore la prova può portare alla revisione del processo. Ma non può più fermare il senato.

Più importante sarà il discorso che Berlusconi vuol tenere in aula. Sulla traccia di quello, lungo, propinato ieri a Roma ai giovani forzisti. Una già ascoltata lezione sulla magistratura politicizzata, letta stancamente ma con un finale pirotecnico urlato a braccio. Il voto sulla decadenza definito «un omicidio politico» e poi «un colpo di stato». Al quale «reagiremo» (la manifestazione è convocata per il pomeriggio di mercoledì davanti palazzo Grazioli). Berlusconi ha trovato anche il modo di condividere con Dell’Utri la definizione di «eroe» del boss mafioso Mangano, e di svillaneggiare Mario Monti che non avrebbe avuto i titoli per essere nominato senatore a vita. Un modo questo per attaccare Napolitano, che quella nomina ha voluto. Poi il Cavaliere ha evocato direttamente il capo dello stato: «Non dovrebbe avere un attimo di esitazione a dare, senza che io presenti la richiesta perché ho la dignità di non farlo, un provvedimento che cancelli l’ignominia dell’affido ai servizi sociali».

Una richiesta, mai così esplicita e diretta, di grazia motu proprio. Quella che Napolitano ha già spiegato da agosto di non voler prendere in considerazione, e di non poterlo fare sulla base dei precedenti. Ma sono anche altri gli gli ostacoli al provvedimento di clemenza, che pure il presidente non aveva escluso per principio. Primo fra tutti il continuo attacco di Berlusconi ai magistrati e alla sentenza, e poi le accuse di golpe certo non aiutano: quella strada è adesso sbarrata. Napolitano ieri ha scelto di non replicare in alcun modo, il suo pensiero è noto. Ma da qui a mercoledì ci saranno occasioni pubbliche nelle quali potrebbe dover rispondere alle parole assai pesanti di ieri, che per il Pd sono «un’orgia di affermazioni eversive». Alle quali Berlusconi è stato spinto perché, ha spiegato ai suoi supporter, «sarebbe un’umiliazione per me e per il paese essere affidato agli assistenti sociali, espormi al ridicolo di don Mazzi che mi vuole a pulire i cessi». La richiesta di affidamento ai servizi sociali per quell’anno di pena che l’indulto non ha cancellato, però, l’ha firmata proprio Berlusconi.