Sono migliaia i civili in fuga dalla parte meridionale della provincia di Daraa, nel sud della Siria, al confine con Israele e Giordania, a causa dei venti di guerra che spirano da giorni. La rinnovata offensiva governativa, dopo otto mesi di silenzio (a seguito degli Accordi di Astana siglati da Russia, Turchia e Iran e l’inserimento di Daraa tra le «de-escalation zone»), si è tradotta in raid aerei su Daraa, insieme a Idlib e Ghouta est uno degli ultimi bastioni islamisti in Siria.

A Damasco hanno risposto ieri i leader del Fronte Meridionale con quello che definiscono un «attacco preventivo contro il regime», già preventivato e pianificato perché – aggiungono – si attendevano una nuova escalation.

Il Fronte Meridionale, nato nel 2014, è una federazione di fazioni laiche e islamiste anti-Assad, finanziata e armata da Stati uniti, Francia, Regno Unito e Paesi del Golfo, tramite il centro di coordinamento di Amman. Pur non essendone parte integrante, l’ex al-Nusra (legato ad Al Qaeda nonostante una mediatica uscita dalla casa madre operata dal leader al-Jolani nell’estate 2016) ne appoggia le azioni nel sud della Siria.