Fu lei l’unica fotografa donna a seguire gli alleati durante il D-Day: le sue immagini sono una vivida testimonianza dell’assedio di St. Malo, della Liberazione di Parigi, ma anche dell’arrivo nei campi di concentramento di Dachau e Buchenwald. Presso Palazzo Pallavicini a Bologna (in collaborazione con Ono arte contemporanea) si aprirà il 14 marzo la mostra Surrealist Lee Miller, la prima italiana della retrospettiva dedicata a una delle grandi icone del Novecento. Lanciata da Condé Nast sulla copertina di Vogue nel 1927, Lee Miller divenne una delle modelle più gettonate dalle riviste di moda. A ritrarla furono in molti (da Edward Steichen a George Hoyningen-Huene o Arnold Genthe) fino a quando lei, donna dal carattere indomito e avventuroso, non decise di passare dall’altra parte dell’obiettivo. A ispirarla erano stati i rayogrammi di Man Ray (per il quale sarà una musa) e con lui si avvierà sulla strada delle solarizzazioni. Amica di Picasso, Ernst, Cocteau, Mirò e di tutta la cerchia dei surrealisti, Miller volle a Parigi il suo primo studio: fece subito scalpore come fotografa di moda e ritrattista. Nel 1932 fece marcia indietro e tornò a New York, inaugurando un nuovo studio; lo chiuse e poi si trasferì al Cairo col marito, uomo d’affari Aziz Eloui Bey. Da quel momento in poi, viaggiò moltissimo, innamorandosi della tecnica del reportage e anche di Roland Penrose. Nel 1944 la troviamo al seguito delle truppe americane, collaboratrice del fotografo David E. Scherman per le riviste Life e Time. Fra i suoi scatti più famosi, l’autoritratto nella vasca da bagno di Hitler, una volta scoperti gli appartamenti del Führer.