Lo sport come prosecuzione della guerra con altri mezzi. L’ingresso dell’Arabia Saudita ne i salotti buoni del calcio è la risposta al Qatar, dove tra quattro anni esatti si darà il calcio d’inizio dei primi Mondiali invernali della storia. Come se poi fosse quello il problema, fermare i campionati nazionali per un mese, e non la compravendita di voti che ha fatto crollare l’impero di Blatter e Platini o, ancora peggio, le migliaia di lavoratori migranti costretti in schiavitù per la costruzione dei magnifici stadi con aria condizionata che ospiteranno la competizione. Forte dell’appellativo di «riformista» – a spulciarne l’archivio, il New York Times ha definito tale ogni sanguinario regnante dell’Arabia Saudita – il principe ereditario Mohammed Bin Salman ha inserito nel suo ambizioso progetto Vision 2030, che include soprattutto investimenti su nuove tecnologie, intelligenza artificiale e riconversione energetica, una buona dose di sport.

SI È COMINCIATO con boxe e wrestling, rigorosamente declinati al maschile, ci si è avvicinati ai motori, si è investito pesantemente nelle multinazionali che organizzano i grandi eventi sportivi, ora si punta al calcio. Come ha riportato il britannico Times, attraverso Softbank sono stati offerti ben 25 miliardi alla Fifa per diventare azionisti al 49% dei Mondiali di calcio e inventare una nuova competizione tipo Mondiali per club. Ottenuto che l’Arabia finisse nel girone dei padroni di casa e giocasse la partita inaugurale di Russia 2018, Bin Salman si è seduto in tribuna d’onore davanti alle telecamere di tutto il mondo e di fianco a Infantino, presidente Fifa che ha incontrato molte altre volte in questi anni, nonostante lo svizzero rifiuti di rispondere quante. Tra un’esibizione tennistica saltata (Federer che si rifiuta e rinuncia ai soldi dopo l’omicidio Khashoggi), e una Supercoppa italiana tra Juventus e Milan che invece si farà, perché i soldi (una ventina di milioni per tre anni) per i padroni del calcio italiano non puzzano mai, l’assalto saudita alla Fifa è la versione soft power di accerchiamento al Qatar che vede il suo lato hard nella repressione delle cosiddette primavere arabe e nella feroce guerra in Yemen. Dopo che Abu Dhabi comprò nel 2008 il Manchester City, nel 2011 è stato infatti il turno del Qatar che grazie ai buoni uffici di Sarkozy e Platini prese il Paris Saint-Germain, cominciando a riempirlo di giocatori stellari. Tra la vendita di gas e un acquisto immobiliare, di armi o di marchi del lusso, il Qatar ha poi imposto Al Jazeera sul mercato dei diritti tv sportivi, fino alla ciliegina sulla torta: diventare il primo sponsor della storia sulla maglia del Barcellona. A questo punto è arrivata la risposta saudita, il tentativo di acquisto del Manchester United, la Supercoppa italiana a Gedda e, soprattutto, finita l’epoca del vecchio Blatter la decisione di puntare al pesce grosso: comprarsi la nuova Fifa di Infantino. La guerra del Golfo oggi si combatte con i soldati nelle periferie dell’impero, e con i calciatori nei suoi centri commerciali.