Lavoro

La gru cade in mare, operaio muore sulla piattaforma Eni

La gru cade in mare, operaio muore sulla piattaforma Eni

Ancona L’incidente nelle acque al largo di Ancona. Aperta un’inchiesta per omicidio colposo, escluso al momento l’errore umano

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 6 marzo 2019

Sarebbe tornato a casa oggi Egidio Di Benedetto, l’operaio che ieri mattina è morto mentre lavorava sulla piattaforma dell’Eni Barbara F, situata in acque internazionali a poco meno di sessanta chilometri dalla costa di Ancona. Alle 7 e 45, mentre Di Benedetto stava sollevando un bombolone di azoto con la gru, la struttura ha ceduto e il braccio meccanico è sprofondato nel mare, colpendo anche l’imbarcazione di supporto sulla quale stavano lavorando altri due operai, feriti in maniera non grave.

Di Benedetto aveva 63 anni, era residente a San Salvo in provincia di Chieti e quello di ieri sarebbe stato il suo ultimo giorno di servizio sulla Barbara F. Il suo corpo è stato cercato per tutta la mattinata dai sommozzatori e poi è stato trovato intorno all’ora di pranzo, ancora nella cabina di comando della gru, settanta metri sotto il mare. Gli altri due operai – il 52enne C.C. e il 47enne B.G. – sono stati trasportati in elicottero all’ospedale Torrette di Ancona, ed entrambi non sono in pericolo di vita.

LE IMMAGINI inviate alla guardia costiera dal sottomarino a controllo remoto utilizzato dalle ricerche mostrano la cabina ancora agganciata alla piattaforma con un cavo, mentre il braccio della gru si è adagiato sull’imbarcazione di supporto, che è rimasta a galla. Per recuperare il cadavere inabissato hanno lavorato per tutta la giornata di ieri due navi. Le operazioni sono state particolarmente difficili e, quando è scesa la sera, ancora si stava cercando di agganciare la struttura sul fondale marino.

AL PORTO di Ancona l’incidente viene commentato con una certa dose di fatalismo, d’altra parte i lavoratori delle piattaforme sono visti da sempre come i più a rischio, costretti a lavorare in strutture di ferro in mezzo al mare, lontani da tutto e da tutti, più o meno estranei agli ambienti delle marinerie locali con cui i contatti sono pochissimi.

La Barbara F si trova in acque internazionali, fa capo alla capitaneria di porto di Ancona ma la sua ubicazione è in realtà più a nord, tra Senigallia e Fano. È parte di un arcipelago di altre nove piattaforme (tutte denominate Barbara), ha un’estensione massima di 54 x 37 metri ed è strutturata su tre piani appoggiati a otto gambe che affondano nell’Adriatico. Le ultime operazioni di restauro in quello che viene definito «Campo Barbare» sono state effettuate tra il 2015 e il 2017 da una società specializzata. Si tratta di controlli periodici che, assicura l’Eni, vengono fatti con costanza e meticolosità.

LA PROCURA di Ancona, però, intanto ha aperto un fascicolo contro ignoti per omicidio colposo e ha messo sotto sequestro l’intera piattaforma, mentre si indaga per cercare di ricostruire la dinamica dell’incidente. La prima impressione degli investigatori, comunque, è che non ci sarebbe stato errore umano durante le operazioni di trasporto della bombola di azoto, quindi il problema si sarebbe verificato proprio nella tenuta della struttura, che a un certo punto non ha più retto il peso del bombolone ed è collassata su se stessa.

È QUI CHE, ancora una volta, si apre il capitolo della sicurezza dei lavoratori sulle piattaforme. L’Eni, dopo aver diramato un comunicato di cordoglio e condoglianze per i familiari della vittima, non ha fornito una sua versione dei fatti, mentre i sindacati invocano maggiore attenzione alle normative sulla sicurezza e chiedono che le indagini siano veloci e approfondite.
«Siamo addolorati, ma anche profondamente indignati: non possiamo assistere a queste tragedie, si individuino ora le responsabilità di quanto accaduto – sostiene Rossana Dettori della Cgil -. Occorre una strategia nazionale e interdisciplinare contro gli infortuni. Al governo chiediamo di applicare interamente la normativa vigente su sicurezza e la salute, e agli enti preposti di intensificare i controlli affinché drammi come quelli di oggi (ieri, nda) non si ripetano».

IL COMITATO Trivelle Zero delle Marche ha annunciato una manifestazione a Roma il prossimo 23 marzo «per ribadire il nostro no ad un’economia basata sul fossile e le grandi opere inutili e per pretendere la transizione ad un’energia ecologicamente sostenibile». Sull’incidente di ieri, la posizione del Comitato è piuttosto netta: «Non possiamo che prendere atto che questo è solo l’ultimo di una catena di incidenti su questo tipo di piattaforme sia in Italia che nella nostra regione».

Si è schierato per l’aumento dei controlli sulla sicurezza anche l’intero arco costituzionale, con tutte le forze politiche che, un po’ alla spicciolata, hanno posto l’accento sul tema. La verità è che leggi in materia di sicurezza esistono già, sono i controlli che vengono fatti solo raramente.

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