La grotta Cosquer, il mondo preistorico a portata di mano
L'evento Alla Villa Méditerranée di Marsiglia è stata ricreata una copia del sito scoperto alla fine degli anni Ottanta. Le ricche decorazioni del luogo risalgono a tre fasi comprese tra i 32500 e 19mila anni fa
L'evento Alla Villa Méditerranée di Marsiglia è stata ricreata una copia del sito scoperto alla fine degli anni Ottanta. Le ricche decorazioni del luogo risalgono a tre fasi comprese tra i 32500 e 19mila anni fa
Henri Cosquer – scopritore dell’omonima grotta preistorica situata a 37 metri sotto il livello del mare nel Calanco della Triperie – sembra sbucato da un romanzo di Jules Verne. Avvezzo alle profondità marine già da bambino, possiede infatti il look e un po’ della visionaria follia di Capitan Nemo. La sua avventura ha inizio nel 1985, quando – in una delle frequenti immersioni effettuate al largo di Marsiglia dal battello denominato «Cro-Magnon» – nota un’apertura ai piedi delle imponenti falesie del Capo Morgiou. Di statura media e abile come una foca a sondare gli anfratti, Cosquer ci si infila senza indugio, risalendo uno stretto e buio cunicolo che si rivelerà lungo 116 metri.
SOLO NEL 1988 il sommozzatore nato a Martigues ma cullato dalle maree della Bretagna riuscirà a percorrere fino in fondo la galleria, per riemergere in una vasta sala in parte inondata. Lo stupore davanti alla varietà e alla bellezza delle concrezioni rocciose è tale che decide di farne il suo «giardino» segreto. Lo sbalordimento raggiungerà il culmine nel 1991, quando – in compagnia di altri tre subacquei – Cosquer torna nella spelonca con l’obiettivo di allestire un percorso. È allora che il fascio di luce di una torcia illumina l’impronta di una mano impressa con argilla rossa nel morbido calcare. Più tardi compariranno davanti agli occhi increduli del gruppo centinaia di disegni, incisi o tracciati col carbone: oltre alle mani, cavalli, bisonti, cervi megaceri, uri, stambecchi, camosci, foche e persino pinguini. Un bestiario che scioglie ogni dubbio riguardo all’antichità delle decorazioni. Le autorità verranno a quel punto informate dello straordinario rinvenimento.
MA QUANDO l’archeologo Jean Courtin e lo specialista di arte parietale Jean Clottes perlustrano la cavità sommersa e attestano che si tratta di un sito frequentato durante il Paleolitico (la datazione al radiocarbonio eseguita da Luc Vanrell e Michel Olive nel 2010 attribuirà il decoro della grotta a tre distinte fasi comprese tra 32500 e 19000 anni prima della nostra epoca) – una parte della comunità scientifica manifesta sconcerto e diffidenza. Fino ad allora, infatti, gli studiosi di preistoria consideravano il popolamento umano nella zona dei Calanchi marsigliesi quasi inesistente.
A DISTANZA DI TRENT’ANNI da quella rivoluzionaria scoperta, il pubblico è invitato a ripercorrerne le tappe nel sottosuolo della Villa Méditerranée a Marsiglia. La prodezza architettonica concepita da Stefano Boeri e Ivan Di Pol e inaugurata nel 2013 sul molo «J4», accanto al Mucem, è stata adattata per ospitare la copia della grotta preistorica. Un progetto ambizioso avviato nel 2016 dalla Regione Provenza-Alpi-Costa Azzurra (proprietaria dell’edificio) e costato 23milioni di euro. La replica, realizzata sotto l’egida della società Kléber Rossillon, che ne assicura anche la fruizione, è basata su modelli innovativi già sperimentati con il «calco» della grotta di Chauvet. Nel caso di Cosquer, poiché il «contenitore» era già esistente, è stato necessario optare per una ricostruzione parziale (dei 2300 mq di superficie dell’originale, suddivisi in due sale, ne sono stati riprodotti 1750). All’impegnativo cantiere hanno partecipato ditte esperte in tecnologie 3D, laboratori di consulenza geologica e atelier di artisti specializzati nella modellizzazione di speleotemi. I pannelli con i facsimile delle incisioni e dei dipinti si devono invece al minuzioso savoir-faire di Alain Dalis e Gilles Tosello.
Inaugurato il 4 giugno, il percorso di visita (della durata di 35 minuti) si snoda lungo 200 metri a bordo di vetture elettriche che viaggiano su binari e la cui rotazione a 360° consente di apprezzare – con il supporto di un’audioguida – l’apparato decorativo della grotta, disseminato nelle volte e nelle pareti. Dai cavalli che sono divenuti l’emblema di Cosquer ai misteriosi uomini a testa di foca fino agli enigmatici segni geometrici in cui si riconoscono simboli sessuali quali la vulva, l’esplorazione è di sicuro impatto emotivo e pedagogico. Al di là dell’inevitabile effetto «parco d’attrazione» con le conseguenti derive commerciali dell’archeologia spettacolare, il centro «Cosquer Méditerranée» ha il pregio di far conoscere un patrimonio altrimenti inaccessibile che rischia di scomparire.
AL TERMINE dell’ultima glaciazione, la grotta e la steppa circostante – una «Provenza del freddo», secondo la definizione di Clottes e Courtin – furono inghiottite dalle acque. Solo una piccola parte della cavità un tempo utilizzata da uomini che praticavano l’arte ludica associandola presumibilmente a riti magici, resiste al progressivo innalzamento del livello del mare. Fino a quando? Le nere criniere dei cavalli già fluttuano. Non resta che rapire quelle immagini con il laser-scanner ma soprattutto raccontarle all’infinito.
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