Chi ha l’età per ricordarsela, la nevicata del ’56, su in paese se la ricorda senza far ricorso alla canzone (Ti ricordi una volta/ si sentiva soltanto il rumore del fiume la sera/ ti ricordi lo spazio / i chilometri interi/ automobili poche allora). Dal barbiere si parla ancora degli ulivi spaccati dal gelo, dei bicchieri con l’acqua ghiacciata sul comodino, dei sacchi messi sotto al sedere per gettarsi a capofitto giù per i chiassi o i viottoli in campagna.

Per i corridori e per la gente al seguito la tormenta ebbe una coda a maggio, quando il gruppo affrontò la mitica tappa del Bondone. Un omino piccino, Charly Gaul, emerse trionfatore, sugli avversari e gli elementi. Dietro a lui Magni, con la clavicola rotta. Più indietro ancora, quei quattro gatti che portarono la bicicletta oltre il traguardo. Ma la strada era libera, da Merano in poi, nonostante il vento sferzante, il ghiaccio e la neve, e dunque Torriani non sentì ragioni, si va. Nel ciclismo di oggi quella tappa non si sarebbe corsa, l’ultima volta che si dette il via libera al gruppo sotto la neve Quintana fu criticato in maniera furibonda perché, udite udite, osò attaccare, e ci vinse pure il Giro.

Da Bassano del Grappa a Madonna di Campiglio si torna sul Bondone, dopo Valbona e prima di Durone e Madonna di Campiglio.
La memoria va tanto agli altari di Gaul quanto alla polvere di Pantani (assieme a Bartali, i più grandi scalatori di tutti i tempi). Ma non scomodiamo, per carità, i giganti. L’andamento della tappa è quello della scampagnata. In quel famoso 1956 si produssero anche i fatti politici del XX Congresso del PCUS e dell’invasione d’Ungheria, a commento dei quali Calvino scrisse l’apologo sulla grande bonaccia delle Antille. Ed è una grande bonaccia quella che affloscia le velleità dei big, assieme alle emozioni degli appassionati.

Unico sussulto d’interesse, a metà dell’ultima ascesa, la più facile, quando Hindley scatta, e, invece che tirare il collo alla maglia rosa Almeida, è il suo compagno Keldermann che ricuce. O in squadra c’è maretta o in squadra non si conosce l’abc del ciclismo, altre opzioni non ci sono. Eh, ma la tappa successiva è quella dello Stelvio. E meno male che il giorno dopo ancora non c’è l’Everest a cui affidare presunte speranze, e quindi qualcosa forse succederà. Più avanti si produce la vicenda solita dei fuggitivi di giornata, tra cui O’Connor. L’australiano, beffato il giorno precedente, non vuole sorprese, si scrolla di dosso il resto della compagnia in prossimità di Madonna di Campiglio e trionfa in solitaria.