La “Grande Battaglia” per Raqqa è iniziata: ieri le Forze Democratiche Siriane hanno annunciato il via alla seconda fase dell’operazione per la liberazione della città siriana, “capitale” dell’Isis.

Nella mattinata di ieri i combattenti hanno fatto sapere di essere entrati a Raqqa, per la prima volta dalla sua occupazione nel marzo 2013, dall’ingresso orientale nel distretto di al-Mashalab.

La città è circondata su tre lati (est, ovest e nord) e la sola via di fuga per i circa 3mila miliziani islamisti è il sud, il fiume Eufrate. A guidare l’operazione sono le Ypg kurde, al fianco di Esercito dei rivoluzionari, Fronte Al Akrad, brigate democratiche Al Shamal, brigate Maghawir Humus, i turkmeni del Battaglione dei martiri, il consiglio militare siriaco cristiano e quello di Deir ez-Zor.

«Le nostre forze combattono strada per strada dentro Raqqa al momento», ha detto la comandante kurda Rojda Felat. Dall’alto i raid statunitensi coprono i 50mila combattenti a terra, sostenuti dalle armi inviate da Washington e consiglieri militari Usa. Come Mosul, anche Raqqa sembra destinata ad una prossima liberazione.

Una città assediata dall’interno da quattro anni, che ha visto dimezzata la propria popolazione. Dopo qualche bombardamento francese nel novembre 2015, a seguito della strage al Bataclan, è stata di nuovo dimenticata.

Chi è fuggito, 200mila civili, ha raggiunto Rojava, il Kurdistan iracheno e la Turchia prima che Ankara chiudesse le porte a suon di proiettili e muri.

E ieri, puntualissima, è arrivata la reazione turca: il primo ministro Yildirim ha avvertito, il governo risponderà subito nel caso l’offensiva diventi pericolosa per la Turchia.

Il timore turco è quello di un corridoio controllato dalle Ypg kurde, dunque dal Pkk, al proprio confine. Ma più volte Rojava ha assicurato: lasceremo la città in mano alla comunità di Raqqa.