Luca Poniz, presidente dell’Associazione nazionale magistrati, domenica in un’intervista al manifesto il vice segretario del Pd Andrea Orlando ha accusato la magistratura associata di non essere stata capace di una riflessione seria sul caso Palamara e i fatti messi in luce dall’inchiesta di Perugia.
Deve essersi distratto, mi meravigliano molto questi rilievi. L’onorevole Orlando non si è accorto che l’Anm ha chiesto subito le dimissioni dei magistrati del Csm coinvolti, dimissioni arrivate; che abbiamo sviluppato le nostre riflessioni in una lunga serie di incontri che hanno portato tra le altre cose all’auto riforma del nostro codice etico. Orlando deve essersi perso anche il nostro congresso, e le tante riflessioni dedicate ai molti temi oggi riemersi, che è stato in buona parte dedicato a questo. Eppure l’abbiamo fatto a Genova e lui è ligure.

Dunque è d’accordo ad anticipare la riforma del Csm?
Non solo sono d’accordo, ma è una riforma che l’Anm chiede da tempo, da ben prima dall’emersione un anno fa delle vicende su cui indaga Perugia.

Ok anche a una nuova legge elettorale per i togati che limiti il potere delle correnti?
Vorrei conoscere con precisione la proposta. L’obiettivo è condivisibile, ma non si può raggiungere solo con i meccanismi. Non c’è un sistema elettorale che risolve la patologia delle correnti che è innanzitutto culturale.

E gli accordi tra correnti sugli incarichi, le cosiddette «nomine a pacchetto»?
Sono un problema serissimo, messo in luce anche dalle recenti vicende. Le intercettazioni restituiscono relazioni improprie di gruppi di magistrati, credo più di quanti non si pensi, interessati a fare carriera e disposti a tutto per farlo. Aggiungo che va fatta una riflessione anche sui magistrati fuori ruolo che pongono due tipi di difficoltà. Prima perché vengono selezionati sulla base di un rapporto fiduciario con il mondo politico e dopo per il loro rientro nell’organico e in incarichi molto ambiti, che talvolta le relazioni consentono di ottenere più facilmente.

Magistratura indipendente, la corrente di destra che non partecipa al governo dell’Anm, vi accusa di non dire più niente sull’inchiesta di Perugia da quando sono uscite intercettazioni sulle toghe di sinistra.
Respingo la critica. Non abbiamo poteri disciplinari, ma già da 15 giorni ho chiesto al procuratore di Perugia l’intera serie degli atti dell’inchiesta per mettere al lavoro i nostri probiviri. Dobbiamo valutare tutti i fatti, non solo i frammenti e gli scampoli che vengono pubblicati. Aggiungo che la richiesta degli atti l’avevamo fatta già molti mesi fa ma tutti, dalla procura al ministro al Csm, ce li avevano negati.

Processo penale. L’Anm è favorevole a una robusta depenalizzazione? E a incentivare i riti alternativi?
Diciamo di sì, ma serve di più. Occorre riscrivere il codice penale del 1930 nella direzione di un diritto penale minimo, togliersi di dosso l’idea che la società possa essere governata dal codice penale. Il rito accusatorio regge solo se si arriva a processo in poche e necessarie circostanze. Il rito abbreviato non è un abominio ma un patto tra ordinamento e imputato. È stato un grave errore del governo 5 Stelle-Lega escluderlo proprio dove funzionava di più, per i reati con la pena più alta. Allora ci fu spiegato che la decisione serviva a mandare un messaggio. Ma la giustizia non si governa inseguendo la popolarità del momento.

Il Pd propone che gli avvocati entrino con più peso nelle valutazioni di professionalità dei magistrati. Lo accettereste?
Gli avvocati partecipano già alle sedute dei consigli giudiziari. Nella mia esperienza lo fanno in un modo piuttosto timido. Anche quando possono interloquire con le scelte e i progetti organizzativi delle procure non sembrano essere particolarmente interessati. Su una cosa la magistratura è invece molto ferma: attenzione alle valutazioni di professionalità nelle quali pesino di più gli avvocati. Affidare alle controparti processuali i meccanismi di controllo pone dei problemi molto importanti, di cui bisogna avere piena consapevolezza: problemi che hanno a che fare con l’autonomia e l’indipendenza del magistrato non con la presunta autoreferenzialità.

Domani si vota la sfiducia al ministro della giustizia…
La interrompo, su questo non posso e non voglio dire niente.

Può dirmi che ne pensa di tutta la vicenda delle scarcerazioni.
Guardi, la magistratura di sorveglianza svolge una funzione essenziale, le sue decisioni non devono essere lette strumentalmente in funzione della lotta a questo o a quel fenomeno criminale. Il magistrato deve decidere sulla base di parametri che non hanno niente a che vedere con la mera esigenza securitaria. Nel nostro ordinamento non ci sono zone d’ombra dove, magari per le caratteristiche di un imputato o di detenuto, ci si dimentica dell’art. 27 della Costituzione.