La giunta Orfini prende il via
Il sindaco Marino commissariato dal commissario del Pd romano. Causi al Bilancio. E il Sì Tav Esposito ai trasport
Il sindaco Marino commissariato dal commissario del Pd romano. Causi al Bilancio. E il Sì Tav Esposito ai trasport
Con i dirigenti di Sel, partito che tiene in vita la sua giunta, ma solo «dall’esterno», l’ancora sindaco Marino non la manda a dire: «Non sono stato io a voler gestire così le cose, ma il Pd». In parte è una comprensibile captatio benevolentiae in parte è anche pura verità. Però c’è Pd e Pd: quello che ha deciso tutto al posto del primo cittadino romano è il Pd del presidente Orfini, non quello del segretario e presidente del consiglio. La cruda realtà è che la terza giunta Marino si basa su due appoggi esterni: quello di Sel e quello non di Matteo Renzi, che ha rifiutato sino all’ultimo di «entrare in giunta», cioè indicare un suo assessore.
I nomi della nuova giunta li ha dettati tutti Orfini. Il vicesindaco e assessore al Bilancio Marco Causi, deputato, era già stato selezionato sin dall’inizio della crisi, e anche in quel caso la scelta era partita dal Nazareno, certo non dal Campidoglio.
Luigi Nieri, per Marino, era un punto di forza che garantiva appoggio pieno. Causi sarà un commissario incaricato di tenere d’occhio e marcare stretto l’inaffidabile per antonomasia. Causi era già stato assessore al Bilancio col sindaco Veltroni: dato lo stato in cui quella giunta lasciò le finanze cittadine non è precisamente una medaglia da ostentare con orgoglio.
Gli altri tre nomi nuovi Orfini li ha invece tirati fuori all’ultimo momento. Il più pesante, persino più importante di Causi nel connotare la nuova giunta, si chiama Stefano Esposito, è senatore e dovrà combattere sulla linea del fuoco, l’assessorato ai Trasporti al posto di Guido Improta. Il senatore è un duro. Lo conoscono tutti per la richiesta di usare il pugno di ferro contro i No Tav: fosse per lui starebbero tutti in galera in quanto terroristi o giù di lì. Ma quella per la Tav non è un’ossessione singola del bellicoso neo-assessore. L’uomo è un falco a tempo pieno e si può stare certi che lo dimostrerà nelle nuove vesti che indossa da ieri. A Ostia, dove Orfini lo aveva già spedito a fare pulizia, ha dato buona prova costringendo il presidente del municipio Tassone alle dimissioni prima che ci pensassero i togati. Di qui le rosee speranze nutrite dal sindaco Orfini, pardon Marino.
A dimettersi da parlamentari per scommettere su una causa che se non è persa poco ci manca, né Causi né Esposito ci hanno pensato per niente. «Ho già rinunciato all’emolumento», spiega imperturbato l’onorevole. Insomma, in certi casi una rete di protezione è il minimo che si possa chiedere. Tanto per sfoderare subito la sua nota simpatia e le doti comunicative, Esposito ha invece reso noto che parte con una carta vincente in mano: «Non sono romano». Come se non bastasse, i mezzi pubblici capitolini, parola sua, non li prende mai. Doppio asso nella manica.
Gli altri due neo-assessori sono nomi pensati forse non esclusivamente ma certamente anche con lo sguardo rivolto all’immagine. Marco Rossi-Doria, a cui spetterà la Scuola, ha un glorioso passato di maestro di strada a Napoli e due esperienze di sottosegretario all’Istruzione: con il poco benemerito governo Monti e con quello Letta. Anche Luigina Di Liegro, nipote del fondatore della Caritas don Luigi, ha già un incarico di assessore alle spalle, con la giunta regionale del Lazio guidata da Marrazzo. E’ delegata a gestire un altro settore delicato, quello del Turismo, ma è legittimo il sospetto che a orientare la scelta di Orfini sia stata anche la necessità di un nome non troppo sgradito a Sel.
Il sindaco, e dietro di lui il burattinaio Orfini, sanno perfettamente che una giunta che prende le mosse con due sostegni tanto poco convinti quanto quelli di Sel e di Renzi non nasce bene. Orfini aveva infatti insistito sino all’ultimo sia per ottenere un assessore del partito di Vendola sia per coinvolgere direttamente il gran capo. Obiettivo mancato perché Sel chiedeva un cambio di marcia radicale che la nuova giunta non ha alcuna intenzione di fare. Come Renzi, che non ha vuole invischiarsi in un’operazione sulla cui riuscita non scommetterebbe un euro.
Consapevole dei due punti deboli, il sindaco li ha citati entrambi nel discorso della re-incoronazione. Ha ringraziato Sel dicendosi convinto che «l’alleanza proseguirà». In realtà il ruolo centrale che avrà nel Marino-ter Esposito non aiuterà molto, da quel punto di vista. Tanto per chiarire le cose, il capogruppo in consiglio comunale Gianluca Peciola ha già lasciato sul seggio del focoso assessore-sceriffo il libro di Erri De Luca sulla Tav. Poi ha usato le parole meno rassicuranti che si possano immaginare: «Sel dava fastidio, Il piano era commissariare Roma e farla diventare una colonia del governo Renzi».
Al gelido premier-segretario, Marino si è rivolto dandogli ragione: «Ci giudichi sui fatti». E l’ex sindaco di Firenze, che ieri ha rinunciato a tenere il comizio alla festa dell’Unità di Roma per paura di prevedibilissime contestazioni, intende fare proprio questo. Deciderà se erogare ulteriore ossigeno al primo cittadino della capitale a seconda dei risultati. Ma con scarsa convinzione, poco ottimismo e considerando molto probabili le elezioni a primavera.
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