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La Giunta delle beffe

La Giunta delle beffeIl palazzo del Quirinale – Maurizio Di Loreti - Sintesi visiva

Decadenza Le colombe Alfano e Gianni Letta in campo per evitare che salti il tavolo. Berlusconi rinuncia all’assemblea dei parlamentari

Pubblicato circa 11 anni faEdizione del 11 settembre 2013

C’è qualcosa di patetico e molto di grottesco nella scomposta sceneggiata con la quale il Pdl cerca di rinviare una scelta ineluttabile: quella tra accettare la decadenza da senatore del suo leader oppure dar fuoco alle polveri. Alla fine, dopo una giornata di ruggiti e minacce e accuse rivolte al Pd e scontri interni tra i temporeggiatori oltre tempo massimo, il relatore Andrea Augello varca alle 20 la soglia della Giunta per le immunità del Senato pronto a rendersi ridicolo pur di rinviare di qualche giorno il voto della verità.
Pregiudiziali? E chi ne ha mai parlato? Un equivoco semantico: «E’ il trattato di Lisbona che parla di rinvio pregiudiziale». Semplici questioni preliminari, capitoli di un’argomentazione che compone la relazione propriamente detta. E sì, in effetti da quella relazione mancava la cosa più importante, la proposta conclusiva. Ooopps! Una distrazione. Augello rimedierà alla dimenticanza «aggiungendo 20-25 righette». E Malan, che aveva in tasca una quarta pregiudiziale, nemmeno la tirerà fuori.
La sgangherata mediazione arriva dopo una lunghissima trattativa, nella quale il capo dello Stato trova modo di farsi sentire ufficialmente, con una frase pronunciata a Barletta – «Se non teniamo fermo e consolidiamo i pilastri dell’unità nazionale tutto è a rischio» – e secondo molte voci anche più discretamente. La quadratura del cerchio è appunto la derubricazione delle pregiudiziali a questioni preliminari. Il presidente della Giunta Stefàno, però, insiste sulla chiarezza e impugna il rispetto dei regolamenti. Delle due l’una: o il relatore ritira le pregiudiziali, fa una proposta precisa nel merito del caso Berlusconi, decadenza o convalida, oppure le pregiudiziali restano tali. La differenza, in termini di agenda, è cospicua: nel primo caso si procede a norma di art. 10, con 20 minuti a disposizione di ogni commissario e se del caso una ulteriore ora per gruppo, nel secondo 10 minuti per gruppo, in soldoni un voto immediato o quasi.

[do action=”citazione”]Nella notte il Pdl cerca in ogni modo di rinviare il voto. Augello si rimangia le pregiudiziali: un equivoco, si tratta di questioni «preliminari». Si fa sentire anche Napolitano: senza unità nazionale tutto è a rischio[/do]

Sembrano questioni formali. Non lo sono, e infatti sino all’ultimo momento Augello esita e si produce in un classico esercizio di arrampicamento su parete liscia. Formulare la proposta di decadenza o convalida significa mettere sotto i riflettori non più la legge Severino e la sua eventuale incostituzionalità, ma lo specifico caso del sen. Berlusconi. Non è la stessa cosa. Sui tempi, poi, la distanza è incolmabile. Il Pdl vorrebbe arrivare al voto della Giunta sulla relazione Augello non prima del 19 ottobre, giorno, guarda caso, della sentenza della Corte d’Appello di Milano sulla ridefinizione delle pene accessorie. A quel punto la procedura prima del voto in aula sulla decadenza, tra nomina del nuovo relatore, eventuale costituzione del comitato inquirente con tanto di audizioni, dibattiti sulla nuova relazione in Giunta e poi in aula, sarebbe in realtà ancora lunghissima. Mesi. E in un lasso di tempo così lungo i mediatori per professione e vocazione, come Gianni Letta e Angelino Alfano, sperano di tirare fuori una soluzione diplomatica che eviti il cozzo. Il Pd è pronto a concedere al Pdl quella settimana di tempo fondamentale per evitare l’accusa di essere «un plotone d’esecuzione», come da iperbole schifaniana, ma nulla di più. Al voto sulla relazione Augello, il capogruppo del Pd Luigi Zanda vuole arrivarci lunedì prossimo.

[do action=”citazione”]Riunione dei ministri del Pdl: se il capo sarà messo alla porta, via dal governo. Ma sperano di evitarlo[/do]

I commissari arrivano così in Giunta senza neppure sapere se riusciranno a concludere davvero una tregua comunque fragilissima o se anche quel miserrimo obiettivo si rivelerà troppo ambizioso. Perché il piano di pace c’è, ma non è mica detto che regga tutta la notte, con il M5S sul sentiero di guerra e Augello costretto a fare l’equilibrista per dire e non dire.
Non a caso, al momento dell’apertura dei lavori della Giunta, l’assemblea congiunta dei gruppi parlamentari del Pdl, convocata per oggi alle 13, è ancora ballerina. Si sa solo che Berlusconi non ci sarà, e basta questo a stemperare la fragorosità dell’evento. Per il resto, se la treguetta ci sarà, verrà sconvocata. Altrimenti si procederà con lo showdown. Nel pomeriggio la riunione dei ministri Pdl, di fatto una sorta di stato maggiore del colombaio, si è conclusa con la decisione, scontata in partenza, di lasciare il governo se lo scempio contro san Silvio martire si compirà davvero. Lo dicono, ma faranno il possibile per evitarlo, e fare il possibile significa perdere tempo. Vedi mai arrivasse il miracolo di san Giorgio. Così la giostra riparte. Più desolante che mai.

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