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La fretta nel vestito

La fretta nel vestitoMaria De Filippi con Keanu Reeves – foto La Presse

Sanremo 67 Una delle cose che più si guardano al Festival sono i vestiti, soprattutto quelli delle femmine...

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 11 febbraio 2017

Una delle cose che più si guardano al Festival di Sanremo sono i vestiti, soprattutto quelli delle femmine che offrono molta materia al commento. Lo ha ammesso anche Fiorella Mannoia dicendo che l’abito è uno degli aspetti a cui ha pensato di più perché: «Siccome anch’io da casa osservo e critico, so che pure gli altri lo fanno con me e non voglio sembrare ridicola».

In passato, il Festival ha raggiunto vette di cattivo gusto o esagerazione, che poi sono parenti, davvero difficili da pareggiare, come se a Sanremo si scatenassero tutte le seconde personalità e le insicurezze che albergano in noi, ma anche i cattivi consigli. L’antesignana del Vestito Sbagliato fu Orietta Berti nel 1969. La cantante di Cavriago si presentò con un lungo abito di lamè a ondone verticali bianche, nere e gialle, così sberluciccanti che fece dire a qualcuno: «Ma perché il televisore fa tutte quelle strisce in basso? Si è rotto qualcosa?».

Poi sono venuti gli anni dei: Quasi nuda sul palco, la cui palma va a Sabrina Salerno che cantò in bikini argentato; del Praticamente in camicia da notte, vedi Valeria Marini e Claudia Gerini; Te la faccio quasi vedere, la cui campionessa è Belen; del Mi travesto dunque posso, e in vetta ci metterei Loredana Bertè col finto pancione; Ti stupisco e ti stendo, trofeo vinto parecchie volte da Anna Oxa; Sono una meringa gigante, categoria dominata da Antonella Clerici; Nel dubbio metto tutto rappresentata dalla memorabile versione di Giusy Ferreri nel 2011 quando riuscì a mettere insieme pizzi, strass, volant, tulle, trasparenze, coda, scollatura, fuseaux e zeppa; Pantera da materasso, e qui vince Alba Parietti.

Quest’anno, a parte qualche caramella gigante (Diletta Leotta), fatina maliziosa (Lodovica Comello), etnico fatto in casa (Elodie), primeggiano tre filoni: la Allumeuse riluttante che punta sulle trasparenze discrete, categoria privilegiata da Chiara, ma soprattutto da Maria De Filippi che però a un certo punto ha esagerato perché, fra pizzi, tulle e ponpon sembrava una tenda; lo Starei sul divano, sempre della De Filippi che non si capisce perché abbia optato per un genere così casalingo e certi abiti di maglina troppo aderenti nei punti sbagliati; infine, il Mi vesto da uomo di Paola Turci e Fiorella Mannoia, le più eleganti e non perché si sono infilate nei pantaloni, ma per aver scelto la strada più semplice, essere se stesse e lavorare di sottrazione.

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